31 gennaio 2012

La Piccola Era Glaciale e i Vulcani

Secondo una ricerca pubblicata di recente nella rivista "Geophysical Research Letters" (MILLER et al. 2011) un fattore importante per spiegare la fase climatica conosciuta come "Piccola Era Glaciale" (XIV alla metà del XIX secolo) non è stata solamente un indebolimento dell´attività solare, ma anche un susseguirsi di eruzioni vulcaniche.
Basandosi su sedimenti glaciali e datazioni di resti organici coperti durante l´avanzamento dei ghiacciai nel nord Canada e Islanda, i ricercatori assumono un sorprendente veloce cambiamento climatico e raffreddamento tra il 1275 e 1300 e dal 1450 in poi. 
Depositi di zolfo, indicatori di eruzioni vulcaniche, sono conosciuti nelle carote glaciali dell´Antartide e Groenlandia dalla seconda parte del XIII (più esattamente 1275-1300) e XV (e 1430-1455) secolo.
Tenendo presente queste eruzioni e l´influsso delle particelle di zolfo (e composti) sul clima globale i modelli climatici usati mostrano un primo raffreddamento, che causa un indebolimento delle correnti marine che trasportano calore ai poli. Questo a suo volta causa un incremento dell´area coperta dal ghiaccio marino e a sua volta incrementa l´albedo globale, effetto che  rafforza ulteriormente il raffreddamento.
Restano comunque molti interrogativi: non e stato possibile associare tutti i segnali di zolfo riscontrati nelle carote a determinate eruzioni o vulcani, resta pertanto dubbio se si tratta veramente di eruzioni che hanno coinvolto l´intero pianeta o avuto solo un effetto locale. Inoltre la correlazione tra eruzione, entità e cambiamenti climatiche non sono sempre chiare - non è chiaro se continue, pero deboli eruzioni, possano avere lo stesso impatto di una singola, ma potente esplosione  - e se necessariamente ogni eruzione vulcaniche ha effetti climatici.

Fig.1. Maggiori eruzioni storiche, acidità delle carote glaciali della Groenlandia (influenzata da depositi di cenere vulcanica) e cambiamenti climatici durante la piccola era glaciale (PEG). La definizione della PEG varia tra autore ad autore, alcuni la fanno iniziare nel XIII secolo, altri appena dal 1600 - anche questo rende difficile valutare l´effetto dei vulcani come proposto nella nuova ricerca, diagramma ridisegnato da GAO et al. 2008, SCHMINCKE 2004, BÜNTGEN et al. 2011.

Bibliografia:



BÜNTGEN, U. et al. (2011): 2500 Years of European Climate Variability and Human Susceptibility. Science Vol. 331: 578-582

GAO, C.; ROBOCK, A. & AMMANN, C. (2008): Volcanic forcing of climate over the past 1500 years: An improved ice core-based index for climate models. Geophysical Research Letters: Vol.113: 1-15
MILLER, G.H. et al (2012): Abrupt onset of the Little Ice Age triggered by volcanism and sustained by sea-ice/ocean feedbacks. Geophysical Research Letters: In press
SCHMINCKE, H.-U. (2004): Volcanism. Springer, Berlin-Heidelberg: 324

29 gennaio 2012

Il terremoto e le profezie di Bendandi

I terremoti che hanno colpito l´Italia settentrionale nel corso dell´ultima settimana hanno suscitato grande interesse nella popolazione, interesse cui i media hanno risposto a modo loro e tra molte informazioni triviali hanno anche resuscitato dalla tomba le celebri previsioni di Bendani.

Fig.1. Le comete e i segni celesti che avrebbero preceduto il terremoto a Costantinopoli nel 1566, litografia colorata a mano di Hermann Gall.

Già nel 2011 molte riviste è soprattutto siti internet pubblicarono le presunte previsioni di una forte scossa che doveva colpire Roma e causare una catastrofe a livello globale il 11. maggio 2011. In una nota si parlava anche del 5./6. Aprile 2012.

L'auto-dichiarato sismologo Raffaele Bendandi (1893-1979) affermò di aver sviluppato un metodo per prevedere con precisione i terremoti, che aveva studiato con dei sismometri di propria produzione. Bendandi nacque nella città di Faenza (Ravenna, Emilia-Romagna) e si interessò ai terremoti dopo il 1908, impressionato dalle devastazioni causate dal grande terremoto di Messina nello stesso anno. Nel 1923 predisse un terremoto che sarebbe avvenuto il 2. Gennaio 1924 "con il probabile epicentro nella penisola balcanica" - non come riportato nel 2011 dai media su territorio italiano (o nell´articolo attuale le Marche). Stranamente un articolo online nel 2011 (é quello attuale) affermava che Bendani sbaglio la data "di soli due giorni", ma l´unico terremoto di una certa rilevanza segnalato in Italia é quello con una magnitudo di 5.6 del 2 di gennaio 1924 nei pressi di Senigallia (in questo caso nelle Marche) - ma allora quale evento é stato previsto e dove? Sembra che i giornalisti stessi non sono sicuri di quello che scrivono...
Comunque a suo tempo, nel 1924, nonostante la descrizione della posizione dell'epicentro non solo era vaga ma perlopiù sbagliata, i giornali dichiararono che Bendandi era "colui che può prevedere i terremoti".

Sembra che Bendandi era un uomo onesto e che credeva veramente alle sue previsioni, ma sviluppò la sua intera teoria ignorando i concetti moderni di geologia, come la tettonica a zolle - che comunque, si deve notare, non era stata riconosciuta neanche dalla comunità scientifica a suo tempo.
Ma anche dopo l´avvento della moderna geologia Bendandi continuò a promuovere la sua ipotesi "sismogenetica": I terremoti sono causati dall'attrazione gravitazionale della Luna e degli altri pianeti sulla crosta terrestre. Un'idea che in un primo momento sembra ragionevole, per quanto improbabile, divenne sempre più strana negli anni successivi.
Per meglio adattare le sue previsioni ai reali terremoti Bendani introdusse un ciclo di undici anni, influenzato dall´attività solare. Inoltre "scopri" un misterioso pianeta tra l´orbita di Mercurio e il sole, che chiamo in onore della sua città nativa "Faenza". E chiaro che il metodo di Bendani non può funzionare come da lui concepito. Inoltre l´attrazione gravitazionale della luna, non per parlare degli altri pianeti, è notevolmente più debole dei movimenti tellurici e pressioni tettoniche - sarebbe l´ultimo fattore in una lista già abbastanza lunga è complessa da considerare.

L´esistenza di specifiche previsioni che si riferirono al maggio 2011 è stata smentita dall´associazione dedicata alla documentazione del lavoro di Bendani (i suoi meccanismi e sismometri furono e sono ancora molto stimati dalla comunità scientifica), è ragionevole assumere che neanche per l´aprile 2012 esistano delle previsioni o documenti tali - se il metodo Bendani funzionasse.

Al momento terremoti restano eventi naturali imprevedibili.

Bibliografia:

SHERMER, M. (2002): The Skeptic Encyclopedia of Pseudoscience. ABC-CLIO: 903

25 gennaio 2012

I terremoti di Verona e Parma

Questa notte, alle 00:54 orario locale é stato registrato, e anche avvertito dalla popolazione, un terremoto di magnitudo 4.0-4.2 con l´epicentro nei pressi di Verona e l´ipocentro in una profondità di dieci chilometri. Questa scossa principale é stata seguita da scosse di assestamento di minore entità, una delle più forti registrata questa mattina con una magnitudo fino ai 2.9.

Stamattina verso le 9:06 un altro terremoto é stato avvertito fino a Milano (sono stati giá pubblicati i primi video amatoriali) L´epicentro di questo evento é situato nei pressi di Parma é la scossa é stata stimata a una magnitudo di 4.9, con una profondità dell'ipocentro a trentatré chilometri. Anche qui si sono registrate almeno due scosse di assestamento, entrambe di magnitudo 2.3.

Ulteriori informazioni sul sito del Centre Sismologique Seismological Centre (terremoto di Verona e terremoto di Parma) e sul sito dell´INGV o sul blog del sismologo Marco Mucciarelli.

Una breve ricerca sulla sismicità dell´Italia dell´Italia Settentrionale rivela che la zona della Val´d'Adige è caratterizzata da sismi con magnitudo normalmente minore ai 3.0, risultanti dai movimenti di faglie disposte da nord al sud e il movimento verso nord della microplacca dell´Adria.
La Pianura Lombarda è caratterizzata da sovrascorrimenti disposti da est ad ovest, situati in profondità e oggigiorno coperti dai sedimenti piú giovani della Pianura Padana.
Fig.1. Carta molto semplificata della situazione tettonica della Pianura Padana con gli epicentri dei terremoti del 24. e 25.01.2012.

Bibliografia:

BOSELLINI, A. (2005): Storia Geologica d´Italia - Gli ultimi 200 milioni di anni. Zanichelli editore, Bologna: 183

23 gennaio 2012

10.994 metri sotto i mari

Era il 23 gennaio 1960, quando due uomini s'inabissarono con il loro piccolo batiscafo "Trieste" al largo della sperduta isola di Guam nell'Oceano Pacifico.

Fig.1. La Trieste nel 1958-59 durante il trasporto verso l´Oceano Pacifico.

Il loro viaggio duro più di cinque ore, poi si fermarono a meno di 4 metri dal suolo sottomarino illuminato solo dai deboli fari del loro veicolo. Jacques Piccard (1922-2008) e Donald Walsh (1931-) avevano raggiunto una profondità di 10.916 metri sotto il livello del mare - il punto più profondo mai raggiunto da esseri umani e solo di poco meno profondo del  punto di Challenger, a 10.994 metri.
Ma perfino qui, sul fondo della fossa in totale oscurità, Walsh e Piccard non furono i soli. I due esploratori furono sorpresi di trovare delle particolari specie di sogliole o platesse, lunghe circa 30 cm ed anche dei gamberetti.

Fig.2. Carta semplificata della fossa delle Marianne.

La fossa delle Marianne, in cui troviamo i punti più profondi sul globo terrestre, è una zona di subduzione situata curiosamente tra due placche oceaniche!

14 gennaio 2012

Documentazione storica e disastri naturali

Nell'Italia settentrionale cronache di eventi catastrofici datano indietro fino al XVII secolo, una ricca collezione di più di 250.00 documenti tra cui libri, articoli e relazioni sono state catalogate dall'Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica di Torino. La grande maggioranza di questi documenti é databile all´inizio del XIX secolo, ma sono descritti anche eventi del XVII e XVIII secolo di aree che comprendono il territorio italiano ma anche le Alpi francesi, svizzere e austriache.
Lo studio di antiche cronologie di disastri geologici come inondazioni o frane può dare importanti informazioni su possibili eventi - per esempio una stima del tempo di ricorrenza o la loro magnitudo - oppure rilevare zone a rischio.
Dopo una colata di fango che colpi il villaggio di Termeno (Alto Adige) il 23 giugno 1986 - un simile evento non era ricordato neanche dagli più vecchi abitanti della zona - in un documento parrocchiale fu scoperta la descrizione di un evento simile che distrusse una cappella quasi 180 anni prima. È ragionevole basandosi su queste osservazioni assumere che eventi di questa magnitudo occorrono è raggiungono particolari zone con un intervallo di quasi 200 anni. Un'altra ricerca pubblicata da BERRUTI 1998 ha evidenziato 153 documenti che descrivono frane e inondazioni nella provincia di Brescia avvenute tra il VI al XVIII secolo.
Dall'inizio del XIX le informazioni disponibili aumentano notevolmente dopo che i primi giornali a base giornaliera sono pubblicati, inoltre si osserva un'esplosione della popolazione e delle infrastrutture situate nelle zone a rischio.
Le informazioni raccolte possono anche aiutare a determinare i più frequenti e pericolosi eventi naturali. Tra gli eventi disastrosi che sono stati riportati negli ultimi 200 anni dalla zona del lago di Como (Regione del Piemonte e Lombardia rispettivamente) troviamo:

- 34-53% - dislocamenti superficiali e colate di fango
- 25-11% - inondazioni fluviali
- 24-04% - esondazioni ed erosione fluviale
- 17-11% - frane e caduta di massi


Se si considera l´intero record di eventi letali per l´intera Italia settentrionale emerge una simile distribuzione:

- 36% colate di detrito
- 34% inondazioni
- 19% movimenti di massa non specificate
- 8% caduta di massi
- 2% dislocamenti superficiali
- 1% dislocamenti profondi


Negli ultimi 150 anni più di 5.000 persone sono state uccise da eventi catastrofici nell´Italia settentrionale. Questo numero include disastri artificiali, come per esempio il crollo della diga del Vajont, che sono responsabili per quasi il 60% delle fatalità. Il numero per decennio dei morti rimane sorprendentemente constante - tra i 6 a 21 individui. Quello che è cambiato è il tipo di evento che causa la fatalità. Se nel passato erano soprattutto inondazioni che colpivano le piccole comunità nei pressi di un fiume, oggigiorno sono anche incidenti stradali causati da franamenti che si rivelano potenzialmente letali.
La comparazione tra le informazioni storiche e la situazione moderna rivela anche un altro fatto sconcertante: zone che in passato sono state soggette a disastrosi eventi, come colate, inondazioni e frane, oggigiorno sono densamente popolate. 

Fig.1. La frana di Plurs/Piuro del 1618 in una rappresentazione della seconda meta del XVIII secolo.

Bibliografia:

BERRUTI, G. (1998): Levandosi i fiumi sopra le rive. Per una mappa storica del rischio idrogeologico nel Bresciano. Con il contributo della Provincia di Brescia, Grafo edizioni, Brescia: 142
STRUNK, H. (1992): Reconstructing debris flow frequency in the southern Alps back to AD 1500 using dendrogeomorphological analysis. Erosion, Debris Flows and Environment in Mountain Regions (Proceeds. of the Chengdu Symposium), IAHS Publ. No. 209: 299-306
TROPEANO, D. & TURCONI, L. (2004): Using Historical Documents for Landslide, Debris Flow and Stream Flood Prevention. Applications in Northern Italy. Natural Hazards 31: 663-679

12 gennaio 2012

Il lago di Alleghe

Il lago di Alleghe, situato nella Val Cordevole, è una caratteristica geomorfologica impressionate della valle con una lunghezza di quasi 1,5 chilometri. Il momento della sua "nascita" e ben documentato: era la mattina del 11 gennaio 1771, esattamente alle 7:02, quando una frana dal monte Piz sbarro la valle e formo una diga naturale.

Fig.1. Veduta generale della Val Cordevole con il borgo e il lago di Alleghe, a sinistra sul monte Piz e a malapena visibile la scarpata della frana, sullo sfondo la cima della Civetta (3.220m).
 
Il viaggiatore, alpinista e cronista francese Belsazar Hacquet (1739-1815) ricorda una visita al lago nel 1780:
 
"Il torrente Cordevole è diventato la mia guida, seguendolo avrei trovato la valle di Cadore. Ma già dopo qualche centinaio di passi il fiume si perse in un vasto lago, esistente qui solo dagli ultimi nove anni. Ho camminato in direzione est, ai villaggi di Sternade e Saviner, fino alla montagna di Piz. Per primo il lago era stretto, solo da Saviner in poi esso é ampio più di 100 leghe veneziane (~180m) e profondo 30.
…[]…Il villaggio citato una volta era situato su una collina..[].. che fu invasa dal lago…[]… il paese di Rieti fu sepolta sotto il crollo della montagna di Piz.
…[]… Sulla cima della montagna ho subito notato che questo monte possedeva un vulcano su di esso, ed era possibile vedere quanto profondo era andato. Dopo che la montagna era crollata, si poteva vedere che la sua base era composta di calcare, accumulati in strati potenti e inclinati da ovest verso est con 45 gradi. La superficie del crollo era così liscia che un uomo ha difficoltà a salire su di esso per accedere alla montagna."

Fig.2. Rappresentazione storica del lago e la  frana nel "Tyrolensis Atlas", pubblicato nel 1774 dai tirolesi Peter Anich e Blasius Hueber. Anich e Hueber sono stati tra i primi cartografi ad utilizzare specifiche simboli (in questo caso di "massi e macigni" per la frana) per visualizzare elementi geomorfologici nelle loro mappe.
 
L'area della frana è composta di dolomia della formazione del Contrin e una successione di rocce calcaree e marne attribuite alla formazione  di San Cassiano. L'idea apparentemente strana di Hacquet di un vulcano sul monte come causa della frana potrebbe essere spiegata dalla presenza di strati di cenere nella formazione di San Cassiano - inoltre vulcani a quei tempi erano considerati importanti fattori per spiegare movimenti tellurici. Notevole la descrizione e interpretazione da parte di Hacquet della superficie di scorrimento della frana.


Bibliografia:

HÖFLER, H. & WITT, G. (2010): Katastrophen am Berg - Tragödien der Alpingeschichte. Bruckmann Verlag: 144

9 gennaio 2012

Barriere paramassi alternative

Dalla Nuova Zelanda una nuova innovativa barriere paramassi - un muro costituto da container da cargo, un modello adatto alle possibilità (soprattutto  finanziari) del paese dei cachi? 
Video segnalato da Dave Petley sul suo "Landslide-blog".

6 gennaio 2012

100 anni Deriva dei Continenti

Pangea, secondo Wikipedia
Il 6 gennaio 1912 il appena trentenne meteorologo Alfred Wegener presento sotto il titolo "Die Heraushebung der Großformen der Erdrinde (Kontinente und Ozeane) auf geophysikalischer Grundlage" (La formazione delle grandi strutture della crosta terrestre (continenti e oceani) su base geofisica) la sua ipotesi al pubblico dell´antico supercontinente della Pangea, che frammentandosi formó i moderni continenti.
Wegener non fu il primo a postulare tale continente, ma il suo lavoro e la sua raccolta d'indizi geologici, paleontologici, biologici e geofisici, furono quelli più esaurienti presentati sia alla comunità scientifica, che al grande pubblico (tramite varie edizioni del suo libro "L´origine dei continenti e oceani").

Wegener si interesso alla sua ipotesi della dislocazione (il termine "deriva dei continenti" fu coniato dai suo oppositori per ridicolizzare l´idea di continenti in movimento sulla superficie terrestre) nel 1910, in una lettera alla sua futura moglie Else Köppen scrive:

"Ho avuto un´idea. Guardi anche lei il planisfero: non è forse vero che la costa orientale dell´America Meridionale corrispondono precisamente a quelle dell´Africa come se un tempo fossero state riunite insieme? Lo si vede ancora meglio se si guarda la carta batimetrica dell´Oceano Atlantico e si confrontano non le costa attuali dei continenti ma i bordi della scarpata continentale. Devo cosi sviluppare quest´idea…"

Al tempo una delle teorie più convincenti per spiegare tale coincidenza era il modello di una terra in raffreddamento e una conseguente riduzione del volume, che causava pieghe e fessure sulla superficie del globo (ne ho parlato qui in dettaglio). Ma questa teoria non spiegava la distribuzione irregolare di catene montuose, oppure terremoti e vulcani.

In alternativa per spiegare la distribuzione di faune fossili terrestri su continenti separati oggigiorno da oceani, ci si immaginava dei "ponti continentali", simile all´istmo di Panama, costituiti da crosta continentale che collegavano tutti i continenti - ma per sconosciute cause erano sprofondate nel mare.

Wegener rifiutò l´idea di una terra in contrazione basandosi sulle sue conoscenze geofisiche, inoltre realizzo che era impossibile che crosta continentale, composta di rocce granitiche con una densità media di 2,7g/cc, poteva sprofondare nella crosta oceanica composta da basalti con una densità media di 3g/cc. L´unica spiegazione: erano i continenti a muoversi!


Bibliografia:

FRISCH, W.; MESCHEDE, M. & BLAKEY, R. (2011): Plate Tectonics - Continental Drift and Mountain Building. Springer-Publisher: 212
MILLER, R. & ATWATER, T. (1983): Continents in Collision. Time-life books, Amsterdam: 176

5 gennaio 2012

Etna, 5 gennaio 2012

L´Etna ha cominciato il nuovo anno con uno spettacolare pennacchio di 5.000 metri di altezza e con un'eruzione con tanto di fontane di lava sulla cima innevata, ulteriore notizie sul sito dell´INGV.

Fig.1. L´eruzione vulcanica dell´Etna spiegata da possenti vortici d'aria che emanano dal sottosuolo, disegno pubblicato  nel libro "Théorie des volcans" (1836) del Conte A. de Bylandt-Palstercamp.

4 gennaio 2012

La bufala del super-vulcano che minaccia l'Europa

Questo la chiamo ironia: nel paese che da secoli era meta dei naturalisti e geologi per studiare in prima persona i fenomeni vulcanici, la cultura su di essi è oggigiorno inesistente. Come senno si potrebbe spiegare questo articolo con il titolo "Il super-vulcano nel cuore dell'Europa", grande esempio di copia-incolla con tanto di riferimento Maya e 2012.

L´articolo originale, pubblicato alcuni giorni fa sul dal tabloid "Daily Mail", pone la domanda retorica "Se esiste un super-vulcano pronto a esplodere a meno di 400 miglia da Londra?" Come fa notare il geologo Andrew Alden sul suo blog "Geology.About" a una tale affermazione può esserci solo una risposta: NO!
Per primo il presunto super-vulcano (termine non presente nella letteratura geologica) non è un vulcano, ma una caldera, formatasi durante l´eruzione dell´antico vulcano, riempita oggigiorno da un lago. Il lago é denominato Laacher See (Lago di Laach, nome che deriva da un monastero nei paraggi) è distante circa 40 chilometri da Bonn e la sua natura vulcanica è ben documentata è conosciuta, esistono perfino sentieri didattici nell´area. Il vulcanologo Erik Klemetti nel suo blog "Eruption" smentisce un altro mito inventato dal "giornalista" dell´articolo di yahoo: attività vulcanica, in particolare bolle di anidride carbonica osservabili sulla superficie del lago (il video sottostante é del 2009), sono conosciute da secoli (è non dall´inizio del 2012, cioè da 4 giorni).



L´ultima grande eruzione, che creò anche il Laacher See, risale a 12.900 anni fa, ma il vulcanismo nella regione dell´Eifel è sicuramente più antico e comprende come minimo 1 milione di anni. Esistono per questo altri maare più antichi e più giovani, uno dei più giovani è l´Ulmener Maar, datato con torbe depositate in esso ad almeno 9.500 anni. Non esiste pero nessuna indicazione di un ciclo episodico dei vulcani nell´intera regione, non per parlare del Laacher See in particolare, l´affermazione dei 10.000 anni è una completa invenzione (!) del giornalista.

L´attività osservata da secoli nel Laacher See è completamente nei limiti di normale attività di una regione soggetta a una lenta risalita di magma, simile ai Campi Flegrei vicino a Napoli. L´attività non ha mostrato un improvviso incremento allo scoccare dell´anno 2012 e non ci si aspetta un incremento nel prossimo futuro. La profezia Maya, almeno non presente nell´articolo del "Daily Mail", è una storia inventata da buffoni e ripresa avidamente dai cosiddetti "giornalisti" per vendere la loro fuffa.

Per chiarire questi punti sarebbe bastata una e-mail al INGV - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia o qualunque serio geologo, ma ovviamente questo significherebbe che un giornalista dovrebbe investigare la tematica - cioè lavorare.

Bibliografia:

SCHMINCKE, H.S.; PARK, C. & HARMS E. (1999): Evolution and environmental impacts of the eruption of Laacher See Volcano (Germany) 12,900 a BP. Quaternary International 61: 61-72
BAALES, M.; JÖRIS, O.; STREET, M.; BITTMANN, F.; WEININGER, B. & WIETHOLD, J. (2002): Impact of the Late Glacial Eruption of the Laacher See Volcano, Central Rhineland, Germany. Quaternary Research 58: 273-288

3 gennaio 2012

Moria di Volatili e Inversioni Polari

Fece scalpore all´inizio del 2011 la notizia delle misteriose morte di 5.000 uccelli (perlopiù individui di merlo dalle ali rosse  - Agelaius phoeniceus) registrata nella piccola città di Beebe nell´Arkansas. Pochi giorni prima, sempre dall´Arkansas, fu segnalata una misteriosa moria di 100.000 pesci nell'Arkansas River, distante a 200 chilometri da Beebe. Nel Gennaio 2011 seguirono altri inspiegabili massacri, anche in Italia.
Mentre queste notizie furono riprese avidamente da siti internet, notiziari e giornali, proclamando mistero e scienziati sbalorditi, l´attuale spiegazione giorni e settimane dopo (un'investigazione seria ha bisogno di tempo, non come la fuffa mediatica) trovo poco interesse. Il National Wildlife Health Center (NWHC) dell'U.S. Geological Survey ha reso pubblico i risultati delle autopsie su un apposito sito. Gli uccelli dell´Arkansas erano morti a causa di traumi riportati dopo una fuga di massa causata dai botti di capodanno (ci sono perfino testimonianze a riguardo), la morte dei pesci non era particolare per il periodo dell´anno e causato dalle rigide temperature dell´acqua. Per quel che riguarda l´Italia, gli uccelli morti erano infettati da un virus.

Fatto curioso: dalla cittadina di Beebe anche quest'anno sono stati segnalati 200 uccelli morti, anche questa volta la causa sono botti per "celebrare" l´arbitraria fine di un anno, e dalla Norvegia viene segnalata l´invasione di aringhe zombie.

Ma le morti di massa sono fenomeni insoliti?  Il NWHC rende anche online una lista di morte di massa che sono state investigate, è chiaro che questi eventi sono fenomeni frequenti e associati a una grande varietà di cause (malattie, parassiti e traumi tra le cause più frequenti).

Naturalmente queste spiegazioni sono ignorate dai giornalisti e i profeti della fine del mondo, che associano questi eventi a una serie di fenomeni premonitori della fine dei tempi, tra cui una possibile inversione del campo magnetico terrestre. È una scelta curiosa, giacché tessuti organici non tendono a reagire, e non sono influenzati, alla presenza di campi magnetici.
L´ipotesi più accreditata per spiegare la percezione di animali del campo magnetico terrestre si basa su granelli di minerali magnetici (perlopiù ossido di ferro) ritrovati in particolari cellule sensorie.
Secondo un'ipotesi di lavoro recente negli uccelli sono particolari reazione chimiche che avvengono nei pigmenti della retina dell´occhio a reagire alla relativa posizione dell'occhio con il campo magnetico terrestre.

Al massimo si potrebbe immaginare che cambiamenti nel campo magnetico possano confondere i sensi degli animali - ma non esiste nessuna prova a riguardo ed inoltre gli altri sensi (come la vista) non sarebbero influenzati.

 Fig.1.  Un articolo di Lita Santocanale Riggio "Quel fatale magnetismo", pubblicato nella rivista Newton.

La fine del mondo associata dell´inversione dei poli non è idea mediatica tanto nuova: nel film "The Core" (2003) uccelli si schiantano contro edifici, confusi da fluttuazioni caotiche del campo magnetico che sta collassando a causa di un esperimento geofisico che ha fermato la rotazione del nucleo terrestre. La scienza dietro a questa trama è talmente inverosimile che "The Core" ha conquistato il primo posto sul sito "Insultingly Stupid Movie Physics" (sembra comunque che abbia perso il posto nel 2009 al film ancora più stupido "2012"). Nientedimeno lo scienziato del film afferma che senza campo magnetico la terra verrà brucata dalle microonde (che in verità non vengono influenzato da un campo magnetico) solari.
Ci sono altri problemi con questo scenario: Non solo il campo magnetico durante l´inversione, che può durare migliaia di anni, non scompare completamente, ma la sua importanza è relativamente dubbia. Il campo magnetico terrestre ci protegge in prima linea da particelle cariche del vento solare, insieme all´atmosfera terrestre. Questa da sola è più che sufficiente per schermare la terra dal vento solare. Non esiste nessuna correlazione tra l´inversione dei poli magnetici ed estinzioni di massa - ovviamente il livello di particelle non ha mai raggiunto livelli mortali sulla superficie terrestre. Inoltre i dati paleontologici non mostrano un incremento degli effetti mutageni causati da un (incremento teoretico del) flusso di particelle cariche durante un'inversione dei poli, fenomeno che secondo i credenti potrebbe causare pericolose mutazioni e "cambiamenti di coscienza".


Video 1. Campi magnetici terrestri durante l´inversione ricostruiti al computer (da Gary Glatzmeier e colleghi dell University of California, Santa Cruz): le linee di campo rosse sono in uscita dal polo Sud e in entrata dal polo Nord.