6 giugno 2014

La Grande Guerra nelle Dolomiti

"Poiché quando, siano in tempi antichi o moderni, sono stati raggiunti tali grandi prodezze da parte di cosi pochi contro cosi tanti,...[]"
Hernando e Pedro Pizzarro, 1532
 
La conformazione di un paesaggio può influenzare notevolmente sulle strategie da adottare durante una campagna militare.
Fiumi e paludi rallentano un esercito in avanzamento e profonde gole o falesie possono fermare perfino l´avanzamento delle truppe.
Punti prominenti - come montagne o ammassi rocciosi - possono fungere da punti d´osservazione e con l' avvento della mitragliatrice e artiglieria pesante un singolo punto situato abbastanza in alto e fortificato poteva fermare una intera armata.
 
Nel 1915 la Grande Guerra raggiunse uno dei campi di combattimento più estremi dal punto geologico  - gli atolli fossili delle Dolomiti. Mai prima d'ora la guerra meccanizzata era stata combattuta in un ambiente cosi estremo - difatti a fine conflitto valanghe, freddo e frane avranno causato più vittime che le stesse operazioni di guerra. La conformazione topografica rese impossibile attacchi diretti, come si era abituati nelle pianure.

Le creste delle montagne sovrastanti le valli e i passi tra il regno d' Italia e l' impero Austro-Ungarico  erano di vitale importanza strategica, e ben presto si adottò la guerra di trincea e le montagne furono trasformate in roccaforti naturali.  Una di queste fu il massivo del  Lagazuoi (2.700m), la cui ripide parete sovrasta il passo di Falzarego (2.105m). Il passo si sviluppa nei sedimenti marnosi e facilmente erodibili della formazione di San Cassiano, mentre il Lagazuoi e formato dalla Dolomia di Cassiano, un' antica struttura di reef che progradà nei sedimenti di bacino.
 
Fig.1. Il massiccio del Lagazuoi, le trincee austriache erano situate sulla piattaforma sommitale, le postazioni italiane a circa meta parete, sopra il passo di Falzarego.

Le linee di difesa della armata austriaca erano situate sulla cresta del monte, mentre gli italiani attaccarono dal basso, riuscendo ad installarsi a meta parete sulla cinta di Martini, formata da una faglia di sovrascorrimento che spacca in due il nucleo del reef. Questa spaccatura naturale fu scavata e ampliata dagli italiani per stabilirci una linea di attacco, mentre gli austriaci cercarono di stanare gli soldati avversari con granate e bombe gettate dall' alto - ma invano, nessuna delle parti riuscì nell' intento e
 
Fig.2. Trincea austriaca sopra il precipizio della parete del Lagazuoi.

Per sbloccare la situazione di stallo tra le due armate si cerco di causare delle frane artificiali oppure di scavare delle galleria fino al di sotto delle rispettive trincee nemiche, per poi farle saltare in aria. Nel luglio 1916 gli austriaci iniziarono a scavare una galleria per raggiungere la cinta di Martini, ma gli italiani risposero con due gallerie proprie, è riuscirono ad avanzare più velocemente. In risposta gli austriaci cominciarono a scavare in direzione di queste due galleria di attacco e nel gennaio del 1917 brillarono una mina, che fece  franare le due linee scavate dagli italiani.
Gli austriaci ripresero gli scavi alla galleria principale, che era alta 1,8 - e ampia 0,8 metri, il minimo indispensabile per far passare e lavorare i minatori. I minatori riuscirono ad avanzare 0,3 a 1,7 metri al giorni, in parte con trapani meccanici e più lentamente con scalpello e martello. Il 22 maggio dell' anno 1917 la mina di 24.000 chilogrammi di esplosivo fu brillata, la risultante esplosione e frana distrusse completamente la posizione nemica.

Fig.2. La fotografia, scattata dal maggiore Karl von Raschin, cinque minuti dopo l´esplosione della mina austriaca il 22 maggio 1917 al Lagazuoi.

Fig.4. La cicatrice - alta 200 metri e ampia 136 - sul Piccolo Lagazuoi causata dall' brillamento della mina nel 1917.
 
Ancora per settimane dalla montagna sventrata materiale continuerà a  franare, portando con se i resti dei soldati caduti …

La guerra d´alta montagna combattuta nelle Dolomiti non sarà decisiva per il fato della Prima Guerra Mondiale, che termina 1918 - resta la memoria e la cicatrice sulla montagna, silenzioso monito della follia umana.
 
Bibliografia:
 
LANGES, G. (2012): Die Front in Fels und Eis - 1915-1918. Verlagsanstalt Athesia, Bozen: 232
ROSE, E.P.F. & NATHANAIL, C.P. (eds.) (2000): Geology and Warfare: Examples of the Influence of Terrain and Geologists on Military Operations. The Geological Society : 501
TROMBETTA, G.L. (2011): Facies analysis, geometry and architecture of a Carnian carbonate platform: the Settsass/Richthofen reef system (Dolomites, Southern Alps, northern Italy). Geo.Alp, Vol.8: 56-75

2 giugno 2014

Alla Ricerca del Serpente marino

Nel corso del 19° secolo nessun altro presunto criptide raggiunse tale fama quanto il "Serpente marino". L' atteggiamento possibilista non solo del pubblico e i media, ma anche dei naturalisti, verso l' esistenza di una grande rettile marino ancora sconosciuto alla scienza fu alimentato dalla scoperta dei primi rettili marini fossili nell' Inghilterra vittoriana. Nel 1812 la giovane Mary Anning insieme a suo fratello Joseph scopri uno dei più completi scheletri di Ittiosauro, seguito nel 1821 dal fossile di un Plesiosauro.

Fig.1. La descrizione di un' strano incontro con un serpente marino nel 1817 nel porto di Gloucester (Massachusetts), 5 anni dopo la descrizione dei primi rettili fossili dell' Inghilterra- la divulgazione della notizia sarà seguita da un improvviso  picco di presunti avvistamenti di mostro marini nei mari americani…

Nel 1827 il botanico e amico di Darwin, Sir William Hooker, riferendosi ai Ittiosauri e Plesiosauri, conclude in una nota:
 
"le recenti scoperte di Plesiosaurus e Megalosaurus hanno richiesto ben più grande fede che quella del serpente, la descrizione dell' ultimo ha ricevuta poca credibilità, perfino ridicolizzata..."
 
Nell' opera del geologo Robert Bakewell "Introduction to Geology" (1833) viene introdotta una idea che diverrà molto popolare per spiegare un presunto criptide 100 anni più tardi:
 
"la congettura intrigante di Mr. Bakewell, che potrebbe trattarsi di un sauro, coincide ben meglio con l' assunzione che si tratti di un Plesiosauro che non di un Ittiosauro, dato che il corto collo del secondo non coincide con il generale aspetto del serpente marino."
 
L' ipotesi Plesiosauro fu anche applicata ad un dei più spettacolari e noti incontri con un mostro marino - il presunto serpente avvistato dalla ciurma del "HMS Daedalus", che risulto in una disputa furiosa nel  "The Times", in cui alzo la sua voce perfino il grande zoologo Richard Owen.
 
Nel 1849 l' editore del giornale "The Zoologist" - Edward Newman  - pubblico un resoconto di seconda mano di un avvistamento di mostro la cui descrizione coincide con la ricostruzione di Plesiosauri popolare al tempo :
 
"Capitano George Hope afferma, che quando a bordo del HMS Fly, nel golfo della California, il mare era perfettamente calmo e trasparente, vide in fondo un grande animale marino, con la testa di generale conformazione di alligatore, eccetto che il collo era molto più lungo e invece di arti la creatura aveva quattro grandi pinne, simili a quelle delle tartarughe.. la creatura era ben visibile, e i movimenti poterono essere osservati con gran' facilità, sembra che facesse caccia a delle prede sul fondo del mare."

Fig.2. Ricostruzione in vita di Plesiosauro e Ittiosauro, da TOULA "Lehrbuch der Geologie" (1900), curioso che questi rettili marini sono mostrati come animali terrestri nell' immagine, sta di fatto che nel 1933 fu descritto un presunto incontro con Nessie sulla terra ferma ! - il primo avvisatmento moderno del presunto mostro di Loch Ness, che fu descritto come sauro e che una generò un ondata di avvistamenti di "Plesiosauri d' acqua dolce"...
 
 Nel 1845 il geologo Charles Lyell, durante un viaggio negli Stati Uniti, si imbatté in un strano cartello che pubblicizzava la scoperta ed esposizione di un scheletro di serpente marino lungo quasi 30 metri. Lyell era molto interessato ai racconti ed avvistamenti di mostri marini - perfino include una serie di presunti avvistamenti nella sua opera "Second Visit to the United States of North America", pubblicata nel 1849. Lyell oggigiorno è famoso per la formulazione dell' uniformatismo - cioè la teoria che le forze naturali che scolpiscono la terra oggigiorno sono le stesse che operavano nel passato geologico.
Basandosi su questa premessa per Lyell era anche impossibile l' estinzione di una specie, dato che anche oggigiorno non si osserva l' improvvisa apparizione di nuove specie (Darwin pubblicherà il suo libro sulle origine delle specie appena nel 1859), cosi doveva essere in passato. La presunta esistenza di mostri marini - identificati come sopravvissuti rettili marini - sarebbe una prova biologica indipendente che avvallerebbe la sua teoria geologica.
 
Il presunto scheletro di serpente marino - "descritto scientificamente" come Hydrarchos sillimani - ben presto sarà esposto come falso composto dai resti fossili di vari animali preistorici. Senza alcuna prova biologica e tangibile, alla fine dei conti Lyell rinuncerà di includere mostri marini nelle sue restanti opere geologiche.
 
A fine secolo l' interesse del pubblico per serpenti marini velocemente diminuisce, anche se vengono pubblicati ancora alcuni interessante opere che riassumono molti  casi o cercono di spiegare gli avvistamenti con incontri con squali o calamari giganti (GOULD 1886; OUDEMANS 1892; LEE 1883).
 
Solo dal 1930 in poi inizierà una nuova ondata di avvistamenti - con il Cadborosaurus willsi negli Stati Uniti e Nessiteras rhombopteryx nella Scozia - anch' essi interpretati come sopravissuti relitti del passato… sopratutto Nessie com Plesiosauro...
 
Bibliografia:
 
LOXTON, D. & PROTHERO, D.R. (2013): Abominable Science! - origins of the Yeti, Nessie, and other Famous Cryptids. Columbia University Press, New-York: 368