29 dicembre 2014

Il Marmo di Hochstegen e la Geologia Strutturale dei Tauri

"Ho il desiderio, che taluni, che proseguiranno con l´investigazione della struttura delle Alpi, possano provare una simile o più profonda gioia, che questa ricerca ha suscitato in me,…[]"
AMPFERER, O. (1924): Über die Tektonik der Alpen. Die Naturwissenschaften, Heft 47:1007-1014

La finestra dei Tauri fu per lungo tempo una delle più intriganti curiosità geologiche delle Alpi. Con le prime carte geologiche delle Alpi centrali ben presto geologi notarono una struttura simmetrica, composta da una successione di mica-scisti, scisti carbonatici con anfiboliti e un nucleo centrale composto da gneiss.
 
Il geologo austriaco Christian Leopold von Buch (1774-1853) fu uno dei primi a formulare una spiegazione per questa successione. Secondo Buch i strati (metamorfizzati poi in scisti) erano stati depositati orizzontalmente, ma poi innalzati a forma di cipolla da una intrusione magmatica (il gneiss centrale).
 
Fig.1. Carta e sezione geologica dei Pirenei, immagine ripresa dall´opera "Kosmos" (1845-1862) del naturalista Alexander von Humboldt. Humboldt era un Plutonista, cioè geologo che considerava intrusioni e movimenti magmatici i fattori più importanti nella formazione delle catene montuose - il granito centrale ha sollevato e deformato la successione stratigrafica, formando come una bolla la montagna. In modo simile il gneiss centrale avrebbe sollevato e deformato le Alpi.

Lo gneiss centrale é il nucleo della finestra dei Tauri è formato da Meta-graniti (Carbonifero-Permiano in età), intruso e inglobato in dei sedimenti paleozoici (il cosiddetto vecchio tetto). 

Una formazione caratteristica di questo tetto è il marmo di Hochstegen, composto da una transizione da marmo dolomitico a marmo carbonatico impuro, con colorazione biancastra a giallognola.
 

Fig.2. Marmo di Hochstegen

Fig.3. Contatto tra Marmo di Hochstegen e Gneiss Centrale.

L'età di questa formazione era per lungo tempo un mistero geologico e variava a secondo dell´autore tra Paleozoico a Triassico - in ogni caso la successione sedimentaria sembrava completa, cioè sul Paleozoico seguiva il Mesozoico.
 

Il marmo di Hochstegen (dalla località austriaca di Hochstegen nella valle di Ziller) è stato intensamente deformato e metamorfizzato durante una prima fase dell´orogenesi alpina, in seguito innalzato per più di trenta chilometri ed esposto dall'erosione. La tettonizzazione era cosi intensa che quasi tutte le strutture sedimentarie e fossili macroscopico furono distrutti. 

Fig.4. Marmo intensamente deformato e foliato.

Di fatti fino al 1957 esiste solo un fossile di ammonite Perisphinctes sp., molto deformato e scoperto dal geologo R. v. Klebelsberg per caso in un blocco usato per la costruzione di una strada, che suggeriva una età Giurassica. Solo più tardi furono scoperti un rostro di belemnite e una microfauna (radiolari e spicule di spugne) che confermarono questa posizione stratigrafica. Questa scoperta pose un grosso problema, secondo il modello di innalzamento magmatico i strati non dovevano essere stati deformati notevolmente (il modello ammetteva solo locali dislocamenti) e non doveva esistere una tale lacuna (l´intero Triasssico sembra mancare). A complicare l´osservazione era la successiva scoperta che i scisti monotoni del "vecchio cristallino" che racchiudono la finestra dei Tauri su tutti i lati erano databili al Paleozoico inferiore - cioè sedimenti piú giovani, del Giurassico superiore, erano a loro volta coperti da sedimenti metamorfosati più antichi, secondo il principio di successione stratigrafica formulata da Steno una impossibilità.

Fig.5. Vista verso la finestra dei Tauri (successione più giovane) dall´unità del vecchio cristallino (successione più antica).

Continua...
 

Bibliografia:

KIESSLING, W. (1992): Palaeontological and facial features of the Upper Jurassic Hochstegen Marble (Tauern Window, Eastern Alps). Terra Nova, 4: 184-197

8 dicembre 2014

La Caccia al Moa

I primi europei avvistarono la Nuova Zelanda in 1769 e quattro anni più tardi il grande capitano Cook esplora le due isole. Cook era molto interessato alla natura dei luoghi visitati e raccolse anche delle strane storie di  grandi uccelli, che si nascondevano nelle paludi e foreste e che venivano cacciati con un strano metodo: grandi sassi venivano scaldati nel fuoco - l' uccello li ingeriva e cotto dall'interno, era facile preda dei cacciatori!
 
Poi nel 19° secolo furono scoperte delle grandi ossa, che in parte mostravano ancora dei tessuti molli attaccati a esse. I reperti sembravano cosi freschi che si pensava che provenissero dai misteriosi uccelli. Il geologo Ernst Dieffenbach (1811-1855), che studiò la storia naturale della Nuova Zelanda, ritenne pero che si trattava di materiale sub-fossile. Nel 1839 un osso fu consegnato al naturalista vittoriano Richard Owen, che per primo lo ritenne di cavallo o bovino, ma notando la struttura spugnosa lo descrisse alla fine come fossile di un grande "uccello terribile" - il genere Dinornis (oggigiorno il termine Moa comprende varie specie di uccelli terricoli, con dimensioni che variano tra grandezza tacchino a giganti di quasi 2 metri d'altezza).
 
Walter Mantell, figlio del famoso paleontologo Gideon Mantell, nel 1847 scopre un gigantesco giacimento di questi fossili. Motivato da questa straordinaria scoperta e dalle leggende Maori si mise alla ricerca - se un Moa vivente ancora esisteva, l' avrebbe scoperto. Mantell, pur recuperando molti altri fossili e degli artefatti Maori prodotti da ossa e piumaggio di Moa, ben presto si arrese.
 
Il primo naturalista amatoriale che attivamente promosse l'idea che i Moa erano ancora presenti sull' isola era il missionario William Colenso. Comunque Colenso non poté presentare null'altro che alcuni aneddoti di presunti avvistamenti per supportare quest'affermazione.
 
È curioso notare che la descrizione dei presunti incontri con uccelli giganti non corrisponde alle sembianze di diverse specie di Moa, ricostruiti basandosi sui resti sub-fossili disponibili. Nelle classiche stampe del 19° secolo il Moa viene rappresentato come grande uccello, con collo lungo ed eretto, coperto completamente dal suo piumaggio. Molte classiche storie di presunti incontri rispecchiano esattamente questa immagine - grandi uccelli, collo eretto, stranamente tranquilli alla vista di uomini (pur essendo sennò animali cosi elusivi) e completamente silenziosi!
 
Fig.1. Ricostruzione di Moa da parte del zoologo Bernard Heuvelmans (1916-2001), basandosi sulle descrizioni di presunti avvistamenti e arte rupestre dei Maori. Heuvelmans immaginava l´animale coperta da un fitto piumaggio, che copriva anche le grandi zampe, inoltre una sorta di cresta di piume in testa. Moderne ricostruzioni limitano l´area coperto dal piumaggio, che appariva anche più corto, inoltre il collo eretto dell´animale e stato rimpiazzato da una andatura più orizzontale dell´intero animale.

Ricostruzioni moderne vedono invece il Moa come uccello che teneva il collo basso, anche per spostarsi più agilmente tra la fitta vegetazione del sottobosco.
 
Dai reperti disponibili emerge il seguente scenario: I primi coloni polinesiani arrivarono, secondo recenti datazioni, sull'isola sud della Nuova Zelanda verso il 1300-1314. In poco meno di 150 anni (le ultime ossa datate di Moa risalgono al 1435) i grandi uccelli si estinsero, con gli ultimi rifugi collocati sulla parte orientale dell'isola. Il modello mostra anche che un relativamente piccolo gruppo di coloni, da 400 ad appena 2.500 persone, era più che sufficiente per spingere nove specie di uccelli terricoli oltre l'orlo d' estinzione - tramite caccia, raccolta uova e distruzione di habitat.

Bibliografia:

HEUVELMANS, B. (1995): On the Track of Unknown Animals. Kegan Paul International, London: 677