13 marzo 2016

La Caccia al Diavolo

Le rocce e le montagne hanno da sempre plasmato la vita, ma anche la cultura umana. Nel medioevo la caccia a camoscio e stambecco era privilegio dei ricchi e potenti. Lo stambecco era tra le prede più rara, preziosa e ambita - “la più meraviglioso selvaggina nelle montagne alpine” come scriverà  il geografo Franz Nigrinus  nel 1703.  Il camoscio era considerato figlio del diavolo, creato per attirare i cacciatori nelle montagne. Scrive il grande naturalista e alpinista Saussure (1786-1796) che i cacciatori di camoscio "abbiano compagnia nella selva del diavolo, che alla fine li getterà nel dirupo".
La caccia in alta montagna, da Theuerdank (1517).

Gli affreschi del Castel Roncolo sono datati al 14° secolo e rappresentano la più antica raffigurazione della caccia al camoscio e stambecco e l´unica raffigurazione della caccia con la tecnica del laccio, tipico per ambienti alpini e sopratutto il Tirolo. A differenza di molte altre pitture statiche e caratteristiche di quei tempi, le scene della caccia sono rappresentate in ordine cronologiche su un´ grande murale, tecnica che dona alle immagine grande dinamicità. Su un lato di vede dei cacciatori uscire dalle mura della città, armati di lunghe lance. 
Poco dopo possiamo osservarli salire in montagna, sempre più su fino a raggiungere le più ripide pareti. Le ambite prede vengono scovate ed inseguite dai mastini di caccia fino tra le rocce. Ora i cacciatori hanno due possibilità. Salendo la rupe, usano le lunghe lance (fino a 7 metri) per spingere giù i camosci dalle pareti. Altri salgono sui bordi delle rupi e usano lungi fune con dei lacci, calati poi giù, per catturare il camoscio per il collo. 
Impresa non priva di pericolo, dato che un cacciatore viene sorpreso da un stambecco che lo sta caricando con le grandi corna. Il mosaico termina con il ritorno dei cacciatori a casa, con tanto di trofei e nuovi entusiasmante racconti delle loro bravate.

Camoscio e stambecco erano stati cacciati già nel paleolitico, nel stomaco della mummia di Similaun (datata a 4.500- 4.580 anni) sono stati ritrovati tracce di carne di stambecco. Nel neolitico sono prede raramente cacciate, forse a causa di un cambiamento climatico. Con il riscaldamento dopo la fine dell´ultima era glaciale le foreste si espandono anche in altitudine, i prati alpini vengono rimpiazzati, che causa a sua volta una riduzione della distribuzione di questi animali erbivori adattati all´ambiente alpino. Durante il medioevo l´uomo altera anche gli ambienti alpini e si evolvono le armi da caccia, da lance, arco, balestra a armi da fuoco. Nel 15° secolo stambecco e camoscio erano ridotti su piccoli areali delle Alpi centrali, sull´orlo dell´estinzione ... continua

6 marzo 2016

La triste storia della tigre della Tasmania

Il 7 settembre del 1936 muore nello zoo di Hobart l´ultimo esemplare accertato di tilacino (Thylacinus cynocephalus), grande predatore marsupiale endemico dell´isola di Tasmania. Leggende metropolitane gli attribuiscono il nome di Benjamin (non esiste nessun documento scritto che confermi una denominazione dell´animale, neanche il sesso è accertato) e che mori di depressione. Cinquanta anni dopo la specie fu ufficialmente dichiarata estinta e il 7 settembre è tuttora ricordato in Australia come "National Threatened Species Day".

Fig.1. Il tilacino, in una raffigurazione da parte di Joseph Matias Wolf del 1861.

Il primo tilacino avvistato dai esploratori europei fu descritto nel 1792 da un marinaio come un "grande cane, di colore bianco e nero e apparenza di bestia feroce". Il primo esemplare ucciso risale a marzo 1805. L´animale era conosciuto durante il XIX secolo sotto vari nomi ai coloni dell´isola di Tasmania: lupo marsupiale, lupo-zebra, iena-opossum, tigre-bulldog, tigre marsupiale, pantera o Dingo della Tasmania - nomi che enfatizzano che l´animale era considerato un´ pericoloso predatore - soprattutto di pecore, animali che costituivano la base dell´economia dell´isola.

"Alcuni dei pastori affermano che uno di questi animali uccide centinaia di pecore in un tempo molto breve, ed esistono …[]… notizie che uomini sono stati attaccati da loro ... []"
Gerard Krefft, 1871.

Fig.2. Una fotografia del 1921 mostra il tilacino come predatore feroce e abituale di pecore e polli (l´ultimo esemplare ucciso nel maggio 1930 fu stanato in un pollaio), in verità questo suo ruolo è disputabile.  Cronache del tempo da parte di naturalisti parlano del tilacino come un predatore (al massimo) occasionale. Una ricerca pubblicata di recente conferma che l´animale si era evoluto per cacciare piccole..

Ritenuto animale nocivo e pericoloso, fu cacciato senza tregua fino alla seconda meta del XIX / inizo XX secolo, quando i numeri degli animali abbattuti e le taglie pagate diminuirono notevolmente, indicando che la popolazione stava collassando. 

"Il tilacino uccide le pecore, ma limita il suo attacco a una alla volta, ed è quindi in nessun modo distruttivo come un gruppo di cani domestici diventati selvatici o come il Dingo dell'Australia, che causano distruzione in una singola notte. Alte ricompense sono state tuttavia sempre date ai proprietari di pecore per la loro uccisione e dato che oggigiorno ogni pezzo di terra è occupato, è probabile che in alcuni anni quest'animale, talmente interessante per lo zoologo, si estinguerà; e ora estremamente raro, anche nei luoghi più remoti  e meno frequentati dell´isola."
John West, 1850.
 

Fig.3. Il tilacino si estinse sul continente australiano 3000 anni fa, nella Tasmania sopravisse fino al 1936, finche la caccia indiscriminata non fini completamente la specie.


Fig.4. Ricompense per tilacini abbattuti pagate dal 1888 al 1912, dati tratti da GUILER 1985. L´estinzione é rapida: Nel 1888 il governo locale promette una ricompensa di 1£ per ogni adulto abbattuto. All´inizio del XX secolo gli esemplari uccisi e le ricompense pagate diminuiscono nel corso di pochi anni, probabile segno che la popolazione stava collassando.

Una ricerca recente (ATTARD et al. 2011) sembra confermare le - al tempo inutili - avvertenze di West che il tilacino non era un predatore abituale di pecore. La mandibola del muso allungato si poteva aprire con un angolo massimo di 120 gradi - impressionante - ma la struttura era inadatta e troppo debole per attaccare grandi prede. Basandosi su modelli di biomeccanica i ricercatori hanno simulato le forze esercitate sul cranio del predatore durante i movimenti di predazione e masticazione. Secondo i risultati ottenuti il tilacino con il suo cranio allungato e fragile si era adattato per catturare prede piccole e veloci, come specie di opossum o piccole specie di canguro (di cui resti furono ritrovati nel primo esemplare ucciso).

La ricerca potrebbe anche spiegare l´estinzione "improvvisa" del tilacino. Il tilacino era specie già rara quando la Tasmania fu colonizzata all´inizio del secolo (alcune stime parlano di una populazione di 5.000 individui), la caccia indiscriminata impattó ulteriormente su di una popolazione già ridotta. Il crollo netto nei numeri degli esemplari uccisi (almeno 2.000) nella seconda meta del XIX secolo fu imputato in parte a un'epidemia che colpiva gli animali superstiti, fortemente indeboliti nel loro sistema immunitario da una diminuzione drastica della loro variabilità genetica. 

Sulla base dei nuovi risultati e la dieta specializzata del tilacino si può ipotizzare che anche senza caccia la distruzione dell'habitat e la conseguente diminuzione dell´areale della specie erano sufficienti per portare questo animale all´orlo dell´estinzione. Incapace di adattarsi a nuove prede, in forte concorrenza con altri grandi predatori, come il Diavolo della Tasmania, con una popolazione debole, il tilacino si estinse nell´arco di pochi decenni, anche se alcuni criptozoologi non vogliono far morire la speranza.

Bibliografia:

ATTARD, M.R.G.; CHAMOLI, U.; FERRARA, T.L.; ROGERS, T.L. & WROE. (2011): Skull mechanics and implications for feeding behaviour in a large marsupial carnivore guild: the thylacine, Tasmanian devil and spotted-tailed quoll. Journal of Zoology: 1-9

FREEMAN, C. (2007): Imaging Extinction: Disclosure and revision in Photographs of the Thylacine (Tasmanian tiger). Society and Animals 15: 241-256
GUILER, E.R. (1985): Thylacine: The Tragedy of the Tasmanian Tiger, Melbourne. Oxford University Press: 23-29
OLSEN, P. (2010): Upside Down World: Early European Impressions of Australia's Curious Animals. National Library of Australia: 240
OWEN, D. (2003): Thylacine - The tragic tale of the Tasmanian Tiger. Allen & Unwin: 228