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31 gennaio 2016

Tra Mito e Geologia: La Bestia del Gévaudan

Nel estate del 1764 sui monti del Massiccio Centrale francese, oggi dipartimento del Lozére, al tempo regione del Gévaudan, apparve una misteriosa creatura. La sua prima vittima fu Jeanne Boulet, una ragazza di 14 anni ritrovata mezzo divorata sui altopiani nei pressi di Ètienne-de-Lugdarés. Un mese dopo fu sbranata un´altra  ragazza a Puylaurent. Le autorità locali avvertite si organizzarono per delle battute di caccia per stanare la bestia e avvertirono la popolazione del pericolo con una precisa descrizione dell´animale:

di colore marrone-rossastro con una striscia scura lungo tutto il dorso, simile a una via di mezzo tra una iena e un lupo, grande come un asino, spesso con la bocca aperta, con sei artigli per zampa, orecchi diretti, coda lunga molto pelosa e agile come un gatto.”
La bestia del Gévaudan in una stampa dell´epoca, il paesaggio visibile sullo sfondo e la geologia gioceranno un ruolo importante nel mito della bestia.

Gli attacchi ed uccisioni tra il 1764 al 1767 da parte della misteriosa bestia si concentrarono perlopiú tra il confine del Gévaudan (oggi Lozére) vero e proprio e l´Auvergne, famosa per i suoi vulcani estinti.

Dopo ulteriore vittime e aggressioni il panico si diffuse e perfino il re fu obbligato a inviare nella regione i suoi cacciatori migliori. Il cacciatore scelto D´Enneval de Vaumesle, dopo un primo sopralluogo constato che “Questa bestia non sará affatto facile da prendere.“ Infatti la bestia fu scovata ripetutamente ma riusci sempre a sfuggire, approfittando del terreno impervio della regione, caratterizzato  da ripide montagne, boschi e paludi, burroni e caverne. 

Carta di una parte dell´Auvergne con riconoscibili antichi coni vulcanici (cosidetti Puy) e flussi di lava. Una delle prime rappresentazioni della topografia di un paesaggio di orgine vulcanica, pubblicata nel 1774. Il regno della bestia si trovava in fondo a destra, ai piedi del massiccio di Cantal nei pressi di St.-Flour.

L´aspro territorio del Gévaudan, che includeva ai tempi aree dei odierni dipartimenti di Lozére e Auvergne, e formato da antichi massicci vulcanici e basamento cristallino. Le dure rocce (perlopiú basalti), resistente all´erosione, formano montagne isolate con pareti ripidi e spazi angusti tra di loro, e i pochi spazi liberi sono coperte da dense foreste. Le rocce massicce del sottosuolo formano una copertura impermeabile, favorendo la formazione di acquitrini e paludi, in cui i cacciatori a dorso di cavallo non potevano seguire la bestia. Antichi condotti di vulcani si sono riempiti col tempo con le acque superficiali, formano laghi molto profondi e dall´aspetto curiosamente circolare, scavati dalle esplosioni prodotti dal contatto tra magma e acqua. Altri coni vulcanici, estinti da appena 10.000 anni, sono meno erosi e ancora riconoscibili nel paesaggio.
 
Paesaggio nei pressi della palude di Narse, con riconoscibili antichi coni vulcanici.
 
Lac Pavin, un´ antica caldera vulcanica, ora un tranquillo e cupo lago.

Cava di basalto nei pressi del villaggio di Le Pont de Alleray, si riconoscono le tipiche colonne di basalto che si formano col raffreddamento dei flussi di lava.
Le Pont de Alleray.
Le Pont de Alleray.

Questo era il territorio della bestia del Gévaudan, che tra il 1764 al 1767 uccise almeno 116 
bambine e donne. 

La cattedrale di Saint-Flour, costruita con rocce basaltiche estratte dalle cave locali. La bestia del Gévaudan fu al tempo anche considerata una punizione sovrannaturale, anche se l´opinione generale dei cacciatori e naturalisti incaricati di stanarla era che si trattava di un lupo di straordinari dimensioni. Aggressioni da parte di lupi erano comuni ai quei tempi.

Il Puy Mary (1.785 m) che domina il massiccio di Cantal, il piú imponente edificio vulcanico del Massiccio Centrale francese. Trovandosi in mezzo alla Francia, l´area possiede un clima continentale, con lunghi e duri inverni, anche su elevazioni piú basse.

Nel corso degli anni furono abbattuti diversi esemplari di grandi lupi nei monti del Margérid, ma solo con l´uccisione di un grosso esemplare nella foresta di Teynazére nel 1767 l´incubo fini una volta per tutte.
 
Durante l´autopsia il grande canide fu descritto come segue:
 
...La testa era mostruosa, di una forma quadrata, molto più larga e più lunga di quella di un lupo ordinario, il muso era un poco ottuso, gli orecchi diritti e larghi alla loro base, gli occhi neri e caratterizzato da una membrana molto singolare. L´apertura della bocca era molto grande, I denti incisivi simili a queste di un cane, i grossi denti stretti e impari, il collo molto largo e forte, ricoperto di un pelo rude, estremante lungo e folto, con una banda trasversale nera discendente fino alle spalle, il treno posteriore abbastanza somigliante a quello di un lupo, eccetto l´enorme grossezza, le gambe davanti più corte di quelle di dietro.”

La bestia era morta ma un mito era nato...

Bibliografia:
 
DESMAREST, N. (1771): Mémoire sur l’origine et la nature du basalte à grandes colonnes polygones, determinées par l’histoire naturelle de cette pierre, observée en Avergne In: Mémoires de l’Académie Royale des Sciences à Paris pour 1771.
LEWIS, T.A.(ed) (1985): Volcano (Planet Earth). Time-Life Books: 176
MIALLIER, D. ; MICHON, L. ; EVIN, J. ; PILLEYRE, T. ; SANZELLE, S. & VERNET, G. (2004) : Volcans de la chaine des Puys (Massif central, France): point sur la chronologie Vasset-Kilian-Pariou-Chopine. C.R. Geoscience 336 : 1345-1353
RUDWICK, M.J.S. (2008): Worlds before Adam – The Reconstruction of Geohistory in the Age of Reform. The University of Chicago Press: 614
SMITH, J.M. (2011): Monsters of the Gévaudan – the Making of a Beast. Harvard University Press:378

27 settembre 2015

Il diluvio universale nella storia della geologia

“[...] le scritture sacre non possono insegnare nulla ai filosofi della natura, e riempiono la mente con pregiudizi, mentre ci insegnano le vie per le sfere celesti, e non i fenomeni del mondo."
Antonio Vallisneri
È un mito moderno – la scoperta della biblica Arca di Noè, ma a parte sensazionali affermazione mai nessuna prova concreta é emersa. Comunque  vale la pena di approfondire la tematica dell´antico mito del diluvio universale e il ruolo che questa spiegazione - un’inondazione mondiale - ha giocato nella storia della geologia.

La storia del diluvio universale della bibbia si basa su un racconto ancora più antico, Il "poema epico di Gilgamesh" fu scoperto nel 1850 inciso su tavolette di argilla datate tra il 2.900 e 1.530 a.C. In questo mito si racconta come  i dei infastiditi  dal rumore degli uomini mandarono una inondazione, da cui solo un uomo di nome Utnapischtim, insieme alla moglie e degli animali, riuscì a salvarsi imbarcandosi su una grande nave. Dalla cultura mesopotamica il mito si é diffuso poi sia in storie orientali che occidentali.
 
È noto che già Leonardo da Vinci (1452-1519), basandosi su osservazioni di fossili completi nelle colline di Milano, rifiuta l´ipotesi di un’alluvione, che avrebbe distrutte e disperse le fragili conchiglie. Da Vinci non pubblica le sue osservazioni e cosi fino alla meta del 19° secolo I depositi della glaciazione furono interpretate come le prove tangibili del diluvio, da cui prese anche il nome della prima divisione stratigrafica dei sedimenti in pre-diluviali e diluviali.
Ma già nel 18° secolo molte controversie emergono sulla tematica. Il medico e naturalista Johann Jakob Scheuchzer (1672-1733) interpreto sia fossili che le rocce sedimentarie osservati sui monti come prova del diluvio universale. Scheuchzer era in contatto con il naturalista italiano Antonio Vallisneri (1661–1730) che però reinterpreto le varie prove presentate. Perché fossili potevano essere trovati solo in certi strati e località ? Valisneri riporta l´esempio delle montagne toscane, in cui aveva osservato conchiglie simili a quelle che possono essere trovate nel mare, mentre nelle Alpi - cosi Valisneri - non si potevano trovare tali conchiglie. Vallisneri, pur considerando la spiegazione biblica, postula che si trattava di depositi di diverse inondazioni, spiegazione che pero portava a un´altro problema. 
Se si trattava di più episodi, questi dovevano succedersi nel corso del tempo e la terra essere molta antica, il che non combaciava con la presunta cronologia biblica. Anche I spessi strati di rocce osservate ponevano un grande problema per l´idea di un singolo diluvio ma una terra giovane (stimata in alcuni migliaia di anni al massimo).
Il problema non fu veramente risolto fino al 19° secolo. Il naturalista Georges Cuvier (1769–1832) assumeva che il diluvio universale era l´ultima di una serie di rivoluzioni globali, che si erano susseguite in tempi remoti. Il geologo britannico Charles Lyell (1797-1875) postulò che eventi catastrofici erano l´eccezione e non la regola sulla terra, catastrofi globali impossibili e perciò il diluvio una spiegazione inutile. Il punto più importante era la reinterpretazione dei depositi diluviali, non come sedimenti depositati da acqua, ma sedimenti glaciali.
 
Per quanto riguarda la "scoperta" dell´Arca … nel 1829 il medico tedesco Friedrich Parrot, primo scalatore dell'occidente a salire sull´Ararat (in turco Agri Dagh, la montagna del castigo e un vulcano attivo) poté ammirare una croce del monastero di Echmiadzin (distrutto da una eruzione vulcanica nel 1840) che secondo leggenda era costruita con il legno dell´Arca. Nel 1919 l´aviatore russo Roskowistzki riprese una strana formazione nel ghiacciaio dell´Ararat, che però con successivi studi si rivelò una semplice formazione geologica.
 

Nel 1955 un industriale francese, Ferdinand Navarra, di ritorno da una terza spedizione sul luogo, affermò di avere recuperato una trave di legno di quercia dal ghiacciaio dell´Ararat a 4.000m (nei pressi della gola Ahora, dove sorgeva il monastero, sul lato nord-est del vulcano). Una datazione risulto in un´eta di 5.000 anni, ma la storia inverosimile dell´archeologo dilettante e dubbi di come una trave di legno si potesse preservare in un ghiacciaio in movimento per 5.000 anni, fece nascere seri dubbi sulla veracità del reperto.
 

Negli anni ottanta e novanta gli arceologi, come si auto-riferiscono i ricercatori dilettanti, si misero a interpretare le foto disponibili di aerei di spionaggio russi e americani, senza risultato concreto e con solo molte speculazioni su delle macchie nel ghiaccio.
 
Per la tradizione del corano l´arca si é arenata nell'odierna Turchia, sull´altopiano di Dogubayazit a 2.300m di quota e a 300 chilometri a sud dell´attuale monte Ararat. Questo territorio si trova ai confini di quella regione che storicamente era chiamata Ararat. Esplorando la zona nel 1910, l´archeologa inglese Gertrude Bell scopri una conformazione geologica, che naturalmente fu interpretata come i resti dell´arca pietrificata ! Nel 1994 David Fasold dell´Università del New York presento i risultati di sei anni di ricerca sulla presunta arca e affermó che strati di ossido di ferro rappresentavano i resti delle fasce di ferro dello scafo e delle pietre trovati nella zona erano state usate come ancore o stabilizzatori. Ma I geologi Lorence Collins e Ian Pilmer, che visitarono il sito, smentirono le strambe teorie di Fasold che dovette pubblicamente ritirare le sue affermazioni. La struttura non era altro che una grande piega geologica, erosa dal sottosuolo.
 
Bibliografia:
 
KÖLBL-EBERT, M. (ed.) Geology and Religion: A History of Harmony and Hostility. The Geological Society, London, Special Publications, 310: 77–81

23 giugno 2015

Fossili o Mostri?

Jurassic World é appena uscito e già considerato uno dei film con maggior´successo di sempre - dal punto strettamente economico. Infatti la pellicola soffre dei soliti problemi dei sequels, nessuna idea o contenuto originale, effetti speciali di qualità inferiore al primo (che era del 1993!) e dinosauri che oramai sono più mostri cinematografiche che creature plausibili (anche se il primo film adottò non poca libertà artistica). Ma la raffigurazione dei dinosauri in Jurassic World come veri e propri “meme d´internet” pone la domanda … la ricostruzione di animali estinti si basano sulla storia naturale o sulla natura di noi esseri umani? 

Può sorprendere realizzare che le ricostruzioni di dinosauri, almeno nella cultura popolare, sono fortemente influenzate dall´ambiente politico prevalente. Durante la guerra fredda i dinosauri appaiono come mostri atomici o come creature del passato, incapaci di adattarsi e cosi autori della loro stessa estinzione (idea sicuramente influenzata dalla inquietante possibilità di una guerra nucleare al tempo e l´estinzione della specie umana). Ma l´influsso della cultura sui fossili precede di molto i dinosauri cinematografici...
 
Forse il più antico tentativo di ricostruire un´animale fossile é la raffigurazione su un vaso greco (datato ad almeno 2.600 anni) della battaglia tra  Perseo e Ceto. Adrienne Mayor, che ha studiato la relazione tra antiche culture e fossili, propone che la strana testa del mostro sia basato sul cranio fossile di una specie di giraffa estinta, che emerge dai sedimenti miocenici che ricoprono gran parte dell´area greca. Gli antichi sicuramente conoscevano fossili, conchiglie e ossa furono sicuramente notate per la loro forma e in parte interpretate come resti organici – anche se di mitologici mostri.
Fig.1. Cranio di elefante nano della sicilia... oppure mitico ciclope?

Nel medioevo la situazione diviene più confusa. Molti resti fossili giocano un´importante ruolo nei miti, storie e fiabe medievali – cosi I denti fossili di squalo erano ricercate come “glossopetrae”, pietre abili di neutralizzare ogni veleno. Questi reperti erano considerati in ogni caso come d´origine sovrannaturale oppura magica. 
Ossa fossili avevano una spiegazione piú naturale. Durante scavi e costruzione non era inusuale scoprire delle grande ossa e ancora oggi in molte chiese sono esposta questi “resti di giganti” o ´“unicorno”.  È curioso notare che l´unicorno fossile era considerato superiore nelle sue qualità magiche al´unicorno falso e recente”, che si sapeva essere il dente sovra-sviluppato del narvalo.
La scultura del drago di Klagenfurt, realizzata nel 1590 dal scultore Ulrich Vogelsang, pone un´interessante quesito. Verosimilmente la scultura é basata sul ritrovamento nel 1335 di un cranio di rinoceronte lanoso fossile. Pur modellando la testa seguendo I contorni del teschio reale, Vogelsang parte dal presupposto che si tratta di una creatura fantastica – il risultato finale rispecchia perciò più l´opinione dell´artista che la realtà. 

È facile deridere oggigiorno Vogelsang, che comunque era incaricato di creare una scultura ornamentale, non una ricostruzione anatomica. Solo nel 18° secolo compareranno le prime  ricostruzione basato su concetti scientifici, anche se preconcetti continueranno (e continuano) a giocare un´importante ruolo.

Continua...