11 maggio 2016

La cosiddetta teoria dello slittamento polare

La teoria pseudoscientifica di Charles H. Hapgood (1904-1982) sullo slittamento polare  è strettamente legata alla scoperta della mappa di Piri Reis (Piri Reis era un´cartografo ottomano, 1465/70–1553). 


A detta di Hapgood la mappa sembra rappresentare il continente antartico senza la calotta di ghiaccio che lo ricopre attualmente, come se il cartografo che ha redatto la carta fosse vissuto in un tempo anteriore alla sua formazione o che avesse avuto a disposizione una tecnologia cosi avanzata da poter "vedere" attraverso il ghiaccio. 

Entrambi le spiegazioni sono impossibili per il 16°secolo, ma Piri Reis aveva disegnato la sua carta basandosi su materiale più antico. Hapgood perciò sviluppa una teoria in cui propone che la mappa originale fu creata da una fantomatica civilità antica  e che le calotte polari si sono formati in tempi relativamente recenti. Secondo Hapgood la crosta terrestre si può improvvisamente spostare relativamente al mantello terrestre (la sua teoria non dovrebbe essere confusa con l´inversione dei poli magnetici), portando cosi zone tropicali in zone polari, che ghiacciano. Hapgood ricostruisce perfino una serie di slittamenti per spiegare le diverse estensioni delle glacazioni:
 
- fino a  90.000 a.C. il polo si trovava nell'Alaska
- fino al 50.000 a.C. il polo si trovava vicino alla Norvegia
- fino al 12.000 a.C. il polo si trovava nella baia di Hudson
e infine la situazione attuale.
 
Il tutto fu pubblicato nel libro esoterico "Maps of the Ancient Sea Kings" in cui offre altre cartine simili alla mappa di Piri Reis e includi esempi di frasi bibliche che descrivono come il sole abbia cambiato direzione (fenomeno osservabile su una terra capovolta) ... letterato e storico non si interessa in nessun modo per geologia o geofisica.
 
Proprio la sua cronologia non vale per l'Antartide, cioè per il continente per la quale Hapgood ha concepito il tutto, dato che il ghiaccio che copre il continente risale almeno  a 2 a 3 milioni di anni fa. Quindi 12.000 anni fa non era possibile che l'Antartide si potesse trovare a nord in una posizione dal clima più mite e senza ghiaccio.
 
Che la crosta terreste possa scivolare in tutto sul mantello é necessario un'astenosfera uniforme, ma rilievi geofisici hanno mostrato che la zona e formata da chiazze di materiale semi-fuso e rigido. La crosta su di esso non si può muovere in un´unico pezzo, perció le placche tettoniche. Se invece fosse la crosta e il mantello a ruotare rispetto al nucleo, allora le forze in gioco dovrebbero essere immani e da dove reperire l´energia?
 

Inoltre i documenti storici usati da Hapgood, che mostrerebbero l´Antartide, in verità mostrano la costa sudamericana, esplorata da Amerigo Vespucci nel 1500 - la carta di Piri Reis risale però al 1513, anche se di notevole qualità, non impossibile per le conoscenza di quei tempi.

1 aprile 2016

Uno scherzo ben riuscito: L´Uomo di Piltdown

La falsificazione di fossili oggigiorno ha perlopiù scopo commerciale, molte fiere presentano fossili composti da singoli pezzi di valore minore o completamente falsi. Scalpore fece il cosiddetto "Piltdown chicken", un falso dinosauro-uccello venduto alla rivista National Geographic nel 1999. Prima dei dinosauri però l´Inghilterra vittoriana impazziva per i mammiferi fossili. Cosi era solo una questione di tempo finché il primo "Piltdown man" fu scoperto.
 
Durante l´inizio del ventesimo secolo la ricerca dei nostri avi, i "missing link" tra uomo e animale, era un punto cruciale nel ambito della paleontologia. 1907 fu trovata una mandibola in Germania che mostrava caratteristiche intermedie tra scimmie e uomo - un buon inizio, ma i scienziati cercavano di meglio.
 
Nel 1908 in una cava nei pressi della città di Piltdown nel Sussex alcuni operai trovarono alcuni strane ossa e li consegnarono al antiquario e paleontologo amatoriale Charles Dawson. Dawson si mise a ricercare per conto suo sul sito del ritrovamento, più tardi fu aiutato di Arthur Smith Woodward, custode del dipartimento di geologia del British Museum.
 
Fig.1. Scavo delle ghiaie di Piltdown nel 1911, con Dawson (a destra) e Woodward (al centro).
 
Tra giugno e settembre del 1912 i due ritrovarono i frammenti di un teschio quasi completo e una mascella.
Woodward annunciò che il cranio era simile a quello dell'uomo moderno, eccetto per l'occipite (la parte del cranio che poggia sulla colonna spinale) e per le dimensioni del cervello, che erano circa due-terzi di quello dell'uomo moderno. Egli poi proseguì indicando che, salvo per la presenza di due molari uguali a quelli umani, la mascella trovata era indistinguibile da quella di un moderno scimpanzé.
Basandosi sulla ricostruzione del cranio fatta dal British Museum, Woodward propose che l'uomo di Piltdown rappresentasse un anello mancante evolutivo tra la scimmia e l'uomo, poiché la combinazione di un cranio uguale a quello umano con una mandibola uguale a quella di una scimmia tendeva a sostenere il concetto allora prevalente in Inghilterra che l'evoluzione dell'essere umano fosse guidata dal cervello.


Ma fin dal primo momento, la ricostruzione di Woodward dei frammenti di Piltdown fu aspramente messa in discussione. Molti dichiaravano che le parti fossili non avessero niente a che fare l´una con l´altra, il teschio sembrava troppo moderno per combaciare con una mandibola dai tratti cosi scimmieschi. Al Royal College of Surgeons le copie degli stessi frammenti usati dal British Museum nella loro ricostruzione furono usate per produrre un modello totalmente diverso, uno che nelle dimensioni del cervello e in altre fattezze rassomigliava all'uomo moderno. 

Fig.2. La ricostruzione del teschio di Piltdown secondo Woodward (in alto) e Keith (in basso).

Malgrado queste differenze, comunque, non sembra che la possibilità di un vero e proprio falso sia stata formulata relativamente al cranio, e cosi fu coniata una nuova specie - Eoanthropus dawsoni.

Col passar degli anni, ulteriore scoperte furono fatte a Piltdown: ossa d´animali, un oggetto che ricordava una mazza da cricket (!) e due ulteriori teschi. Nel 1915 Dawson affermò di aver trovato frammenti di un secondo cranio (Piltdown II) in un secondo sito. Da quello che si sa il sito non è mai stato identificato e i ritrovamenti sembrano essere completamente spariti (se mai esistevano). Woodward sembra non aver mai visitato questo secondo sito.
 

Dawson mori nel 1916, lasciando come erede della scoperta del "primo inglese" Woodward.
 

Per i prossimi tre decenni l´uomo di Piltdown fu accettato dalla comunita scientifica, pero ulteriore scoperte, sopratutto nell´Africa mostravano che Piltdown non trovava posto nel quadro generale dell´evoluzione umana.
 

Negli anni venti Franz Weidenreich esaminò i resti e riportò correttamente che consistevano di un cranio umano moderno e di una mascella di orango con i denti limati. Weidenreich, essendo un anatomista esperto, rivelò facilmente l'imbroglio per quello che era. Comunque, le comunità scientifiche colo 30 anni piú tardi ammetterà che Weidenreich era nel giusto (1953 K. Oakley, W. Le Gros Clark e J. Weiner del British Museum).
 

Fig.3. Kenneth Oakley (a sinistra) esamina insieme a L.E. Parsons la mandibola di Piltdown.

L'Uomo di Piltdown fu rivelato essere un falso composito, metà scimmia e metà uomo. Esso consisteva di un teschio umano di età massima di 50.000 anni e di una mandibola vecchia alcuni decenni di un orango. L'aspetto invecchiato era stato prodotta macchiando le ossa con una soluzione di ferro e con acido cromico. L'esame microscopico rivelò le tracce della lima, da cui si dedusse che qualcuno aveva limato i denti sino a dar loro una forma più adatta a quella che era la dieta umana.
Per il falsario, l'area dove la mascella si univa al cranio aveva presentato problemi superati con il semplice stratagemma di spezzare i rami terminali della mascella. I denti canini nella stessa erano poi stati limati per farli corrispondere, e fu questa modifica a far dubitare dell'autenticità dell'intero reperto. Per caso si osservò che la cuspide di uno dei molari aveva un angolo molto diverso da quello dell'altro dente. Un esame più accurato condotto al microscopio rivelò a quel punto le tracce di fresatura e da questo si dedusse che la fresatura aveva avuto lo scopo di alterare la forma dei denti, che nella scimmia è molto diversa da quella dei denti umani.
 

Il falsario non fu mai identificato, pero un sospetto ricadde su Dawson, che cosi probabilmente, ingannando il povero Woodward, considerato a suo tempo uomo onesto al di sopra di ogni sospetto, si sarebbe procurato l´ambita fama scientifica. D´altra parte l´oggetto a forma di mazza per alcuni autori é indizio che ci fu un terzo uomo, che dopo il riuscito scherzo cerco di smascherare la truffa (inutilmente).

13 marzo 2016

La Caccia al Diavolo

Le rocce e le montagne hanno da sempre plasmato la vita, ma anche la cultura umana. Nel medioevo la caccia a camoscio e stambecco era privilegio dei ricchi e potenti. Lo stambecco era tra le prede più rara, preziosa e ambita - “la più meraviglioso selvaggina nelle montagne alpine” come scriverà  il geografo Franz Nigrinus  nel 1703.  Il camoscio era considerato figlio del diavolo, creato per attirare i cacciatori nelle montagne. Scrive il grande naturalista e alpinista Saussure (1786-1796) che i cacciatori di camoscio "abbiano compagnia nella selva del diavolo, che alla fine li getterà nel dirupo".
La caccia in alta montagna, da Theuerdank (1517).

Gli affreschi del Castel Roncolo sono datati al 14° secolo e rappresentano la più antica raffigurazione della caccia al camoscio e stambecco e l´unica raffigurazione della caccia con la tecnica del laccio, tipico per ambienti alpini e sopratutto il Tirolo. A differenza di molte altre pitture statiche e caratteristiche di quei tempi, le scene della caccia sono rappresentate in ordine cronologiche su un´ grande murale, tecnica che dona alle immagine grande dinamicità. Su un lato di vede dei cacciatori uscire dalle mura della città, armati di lunghe lance. 
Poco dopo possiamo osservarli salire in montagna, sempre più su fino a raggiungere le più ripide pareti. Le ambite prede vengono scovate ed inseguite dai mastini di caccia fino tra le rocce. Ora i cacciatori hanno due possibilità. Salendo la rupe, usano le lunghe lance (fino a 7 metri) per spingere giù i camosci dalle pareti. Altri salgono sui bordi delle rupi e usano lungi fune con dei lacci, calati poi giù, per catturare il camoscio per il collo. 
Impresa non priva di pericolo, dato che un cacciatore viene sorpreso da un stambecco che lo sta caricando con le grandi corna. Il mosaico termina con il ritorno dei cacciatori a casa, con tanto di trofei e nuovi entusiasmante racconti delle loro bravate.

Camoscio e stambecco erano stati cacciati già nel paleolitico, nel stomaco della mummia di Similaun (datata a 4.500- 4.580 anni) sono stati ritrovati tracce di carne di stambecco. Nel neolitico sono prede raramente cacciate, forse a causa di un cambiamento climatico. Con il riscaldamento dopo la fine dell´ultima era glaciale le foreste si espandono anche in altitudine, i prati alpini vengono rimpiazzati, che causa a sua volta una riduzione della distribuzione di questi animali erbivori adattati all´ambiente alpino. Durante il medioevo l´uomo altera anche gli ambienti alpini e si evolvono le armi da caccia, da lance, arco, balestra a armi da fuoco. Nel 15° secolo stambecco e camoscio erano ridotti su piccoli areali delle Alpi centrali, sull´orlo dell´estinzione ... continua

6 marzo 2016

La triste storia della tigre della Tasmania

Il 7 settembre del 1936 muore nello zoo di Hobart l´ultimo esemplare accertato di tilacino (Thylacinus cynocephalus), grande predatore marsupiale endemico dell´isola di Tasmania. Leggende metropolitane gli attribuiscono il nome di Benjamin (non esiste nessun documento scritto che confermi una denominazione dell´animale, neanche il sesso è accertato) e che mori di depressione. Cinquanta anni dopo la specie fu ufficialmente dichiarata estinta e il 7 settembre è tuttora ricordato in Australia come "National Threatened Species Day".

Fig.1. Il tilacino, in una raffigurazione da parte di Joseph Matias Wolf del 1861.

Il primo tilacino avvistato dai esploratori europei fu descritto nel 1792 da un marinaio come un "grande cane, di colore bianco e nero e apparenza di bestia feroce". Il primo esemplare ucciso risale a marzo 1805. L´animale era conosciuto durante il XIX secolo sotto vari nomi ai coloni dell´isola di Tasmania: lupo marsupiale, lupo-zebra, iena-opossum, tigre-bulldog, tigre marsupiale, pantera o Dingo della Tasmania - nomi che enfatizzano che l´animale era considerato un´ pericoloso predatore - soprattutto di pecore, animali che costituivano la base dell´economia dell´isola.

"Alcuni dei pastori affermano che uno di questi animali uccide centinaia di pecore in un tempo molto breve, ed esistono …[]… notizie che uomini sono stati attaccati da loro ... []"
Gerard Krefft, 1871.

Fig.2. Una fotografia del 1921 mostra il tilacino come predatore feroce e abituale di pecore e polli (l´ultimo esemplare ucciso nel maggio 1930 fu stanato in un pollaio), in verità questo suo ruolo è disputabile.  Cronache del tempo da parte di naturalisti parlano del tilacino come un predatore (al massimo) occasionale. Una ricerca pubblicata di recente conferma che l´animale si era evoluto per cacciare piccole..

Ritenuto animale nocivo e pericoloso, fu cacciato senza tregua fino alla seconda meta del XIX / inizo XX secolo, quando i numeri degli animali abbattuti e le taglie pagate diminuirono notevolmente, indicando che la popolazione stava collassando. 

"Il tilacino uccide le pecore, ma limita il suo attacco a una alla volta, ed è quindi in nessun modo distruttivo come un gruppo di cani domestici diventati selvatici o come il Dingo dell'Australia, che causano distruzione in una singola notte. Alte ricompense sono state tuttavia sempre date ai proprietari di pecore per la loro uccisione e dato che oggigiorno ogni pezzo di terra è occupato, è probabile che in alcuni anni quest'animale, talmente interessante per lo zoologo, si estinguerà; e ora estremamente raro, anche nei luoghi più remoti  e meno frequentati dell´isola."
John West, 1850.
 

Fig.3. Il tilacino si estinse sul continente australiano 3000 anni fa, nella Tasmania sopravisse fino al 1936, finche la caccia indiscriminata non fini completamente la specie.


Fig.4. Ricompense per tilacini abbattuti pagate dal 1888 al 1912, dati tratti da GUILER 1985. L´estinzione é rapida: Nel 1888 il governo locale promette una ricompensa di 1£ per ogni adulto abbattuto. All´inizio del XX secolo gli esemplari uccisi e le ricompense pagate diminuiscono nel corso di pochi anni, probabile segno che la popolazione stava collassando.

Una ricerca recente (ATTARD et al. 2011) sembra confermare le - al tempo inutili - avvertenze di West che il tilacino non era un predatore abituale di pecore. La mandibola del muso allungato si poteva aprire con un angolo massimo di 120 gradi - impressionante - ma la struttura era inadatta e troppo debole per attaccare grandi prede. Basandosi su modelli di biomeccanica i ricercatori hanno simulato le forze esercitate sul cranio del predatore durante i movimenti di predazione e masticazione. Secondo i risultati ottenuti il tilacino con il suo cranio allungato e fragile si era adattato per catturare prede piccole e veloci, come specie di opossum o piccole specie di canguro (di cui resti furono ritrovati nel primo esemplare ucciso).

La ricerca potrebbe anche spiegare l´estinzione "improvvisa" del tilacino. Il tilacino era specie già rara quando la Tasmania fu colonizzata all´inizio del secolo (alcune stime parlano di una populazione di 5.000 individui), la caccia indiscriminata impattó ulteriormente su di una popolazione già ridotta. Il crollo netto nei numeri degli esemplari uccisi (almeno 2.000) nella seconda meta del XIX secolo fu imputato in parte a un'epidemia che colpiva gli animali superstiti, fortemente indeboliti nel loro sistema immunitario da una diminuzione drastica della loro variabilità genetica. 

Sulla base dei nuovi risultati e la dieta specializzata del tilacino si può ipotizzare che anche senza caccia la distruzione dell'habitat e la conseguente diminuzione dell´areale della specie erano sufficienti per portare questo animale all´orlo dell´estinzione. Incapace di adattarsi a nuove prede, in forte concorrenza con altri grandi predatori, come il Diavolo della Tasmania, con una popolazione debole, il tilacino si estinse nell´arco di pochi decenni, anche se alcuni criptozoologi non vogliono far morire la speranza.

Bibliografia:

ATTARD, M.R.G.; CHAMOLI, U.; FERRARA, T.L.; ROGERS, T.L. & WROE. (2011): Skull mechanics and implications for feeding behaviour in a large marsupial carnivore guild: the thylacine, Tasmanian devil and spotted-tailed quoll. Journal of Zoology: 1-9

FREEMAN, C. (2007): Imaging Extinction: Disclosure and revision in Photographs of the Thylacine (Tasmanian tiger). Society and Animals 15: 241-256
GUILER, E.R. (1985): Thylacine: The Tragedy of the Tasmanian Tiger, Melbourne. Oxford University Press: 23-29
OLSEN, P. (2010): Upside Down World: Early European Impressions of Australia's Curious Animals. National Library of Australia: 240
OWEN, D. (2003): Thylacine - The tragic tale of the Tasmanian Tiger. Allen & Unwin: 228

31 gennaio 2016

Tra Mito e Geologia: La Bestia del Gévaudan

Nel estate del 1764 sui monti del Massiccio Centrale francese, oggi dipartimento del Lozére, al tempo regione del Gévaudan, apparve una misteriosa creatura. La sua prima vittima fu Jeanne Boulet, una ragazza di 14 anni ritrovata mezzo divorata sui altopiani nei pressi di Ètienne-de-Lugdarés. Un mese dopo fu sbranata un´altra  ragazza a Puylaurent. Le autorità locali avvertite si organizzarono per delle battute di caccia per stanare la bestia e avvertirono la popolazione del pericolo con una precisa descrizione dell´animale:

di colore marrone-rossastro con una striscia scura lungo tutto il dorso, simile a una via di mezzo tra una iena e un lupo, grande come un asino, spesso con la bocca aperta, con sei artigli per zampa, orecchi diretti, coda lunga molto pelosa e agile come un gatto.”
La bestia del Gévaudan in una stampa dell´epoca, il paesaggio visibile sullo sfondo e la geologia gioceranno un ruolo importante nel mito della bestia.

Gli attacchi ed uccisioni tra il 1764 al 1767 da parte della misteriosa bestia si concentrarono perlopiú tra il confine del Gévaudan (oggi Lozére) vero e proprio e l´Auvergne, famosa per i suoi vulcani estinti.

Dopo ulteriore vittime e aggressioni il panico si diffuse e perfino il re fu obbligato a inviare nella regione i suoi cacciatori migliori. Il cacciatore scelto D´Enneval de Vaumesle, dopo un primo sopralluogo constato che “Questa bestia non sará affatto facile da prendere.“ Infatti la bestia fu scovata ripetutamente ma riusci sempre a sfuggire, approfittando del terreno impervio della regione, caratterizzato  da ripide montagne, boschi e paludi, burroni e caverne. 

Carta di una parte dell´Auvergne con riconoscibili antichi coni vulcanici (cosidetti Puy) e flussi di lava. Una delle prime rappresentazioni della topografia di un paesaggio di orgine vulcanica, pubblicata nel 1774. Il regno della bestia si trovava in fondo a destra, ai piedi del massiccio di Cantal nei pressi di St.-Flour.

L´aspro territorio del Gévaudan, che includeva ai tempi aree dei odierni dipartimenti di Lozére e Auvergne, e formato da antichi massicci vulcanici e basamento cristallino. Le dure rocce (perlopiú basalti), resistente all´erosione, formano montagne isolate con pareti ripidi e spazi angusti tra di loro, e i pochi spazi liberi sono coperte da dense foreste. Le rocce massicce del sottosuolo formano una copertura impermeabile, favorendo la formazione di acquitrini e paludi, in cui i cacciatori a dorso di cavallo non potevano seguire la bestia. Antichi condotti di vulcani si sono riempiti col tempo con le acque superficiali, formano laghi molto profondi e dall´aspetto curiosamente circolare, scavati dalle esplosioni prodotti dal contatto tra magma e acqua. Altri coni vulcanici, estinti da appena 10.000 anni, sono meno erosi e ancora riconoscibili nel paesaggio.
 
Paesaggio nei pressi della palude di Narse, con riconoscibili antichi coni vulcanici.
 
Lac Pavin, un´ antica caldera vulcanica, ora un tranquillo e cupo lago.

Cava di basalto nei pressi del villaggio di Le Pont de Alleray, si riconoscono le tipiche colonne di basalto che si formano col raffreddamento dei flussi di lava.
Le Pont de Alleray.
Le Pont de Alleray.

Questo era il territorio della bestia del Gévaudan, che tra il 1764 al 1767 uccise almeno 116 
bambine e donne. 

La cattedrale di Saint-Flour, costruita con rocce basaltiche estratte dalle cave locali. La bestia del Gévaudan fu al tempo anche considerata una punizione sovrannaturale, anche se l´opinione generale dei cacciatori e naturalisti incaricati di stanarla era che si trattava di un lupo di straordinari dimensioni. Aggressioni da parte di lupi erano comuni ai quei tempi.

Il Puy Mary (1.785 m) che domina il massiccio di Cantal, il piú imponente edificio vulcanico del Massiccio Centrale francese. Trovandosi in mezzo alla Francia, l´area possiede un clima continentale, con lunghi e duri inverni, anche su elevazioni piú basse.

Nel corso degli anni furono abbattuti diversi esemplari di grandi lupi nei monti del Margérid, ma solo con l´uccisione di un grosso esemplare nella foresta di Teynazére nel 1767 l´incubo fini una volta per tutte.
 
Durante l´autopsia il grande canide fu descritto come segue:
 
...La testa era mostruosa, di una forma quadrata, molto più larga e più lunga di quella di un lupo ordinario, il muso era un poco ottuso, gli orecchi diritti e larghi alla loro base, gli occhi neri e caratterizzato da una membrana molto singolare. L´apertura della bocca era molto grande, I denti incisivi simili a queste di un cane, i grossi denti stretti e impari, il collo molto largo e forte, ricoperto di un pelo rude, estremante lungo e folto, con una banda trasversale nera discendente fino alle spalle, il treno posteriore abbastanza somigliante a quello di un lupo, eccetto l´enorme grossezza, le gambe davanti più corte di quelle di dietro.”

La bestia era morta ma un mito era nato...

Bibliografia:
 
DESMAREST, N. (1771): Mémoire sur l’origine et la nature du basalte à grandes colonnes polygones, determinées par l’histoire naturelle de cette pierre, observée en Avergne In: Mémoires de l’Académie Royale des Sciences à Paris pour 1771.
LEWIS, T.A.(ed) (1985): Volcano (Planet Earth). Time-Life Books: 176
MIALLIER, D. ; MICHON, L. ; EVIN, J. ; PILLEYRE, T. ; SANZELLE, S. & VERNET, G. (2004) : Volcans de la chaine des Puys (Massif central, France): point sur la chronologie Vasset-Kilian-Pariou-Chopine. C.R. Geoscience 336 : 1345-1353
RUDWICK, M.J.S. (2008): Worlds before Adam – The Reconstruction of Geohistory in the Age of Reform. The University of Chicago Press: 614
SMITH, J.M. (2011): Monsters of the Gévaudan – the Making of a Beast. Harvard University Press:378

18 novembre 2015

Storia della mineralogia - I primi passi

Anche molto prima della moderna scienza della mineralogie rocce e minerali erano ricercate risorse, da essi si ricavavano arnesi, metalli, pigmenti e gemme ornamentali. 

Nelle opere classiche dell´antichità rocce e minerali vengono descritti insieme senza ancora una chiara distinzione. Teofrasto (371-287 a.C.) descrive l´uso di pietre, Plinio il Vecchio (23-79) anche il presunto valore magico e propone una classificazione basata sull´idea che esistano minerali maschili e femminili.
 
Durante l´eta romana i minerali più importanti erano l´oro, la galena, il ferro (che includeva il ferro e la magnetite), il rame, il cinabro, malachite, ocra e lo stagno (estratto dalla cassiterite). L´india era famosa per le sue gemme, lo smeraldo (che includeva varie minerali di colorazione verde, come lo smeraldo nel senso moderno, ma anche la malachite), il carbonchio (che includeva varie pietre preziose di colorazione rossa, come il rubino e granato) e il topazio. La classificazione delle gemme si basava perlopiù sul loro colore e le presunte proprietà magiche, dato che – secondo Aristotele (383-322 a.C.) - pietre preziose si generavano grazie all´influsso dei astri (per secoli la credenza che l´oro sia associato a zone molto soleggiate sarà tramandato nelle “opere mineralogiche”). La simmetria regolare dei cristalli (termine derivato da crystallos, nome attribuito al quarzo) non suscita grande interesse e in parte viene considerata artificiale! Solo nell´eta rinascimentale, con Nicola Stenone (1638-1686) e Domenico Guglielmini (1655-1710), si considera la possibilità che cristalli sono formati dall´aggregazione regolare di particelle minuscole.
La classificazione di minerali basato sulla colorazione e proprietà magiche verrà applicata per un lungo periodo di tempo, dall´antichità al medioevo fino al rinascimento. Il che pone diversi problemi, sopratutto di capire di quali minerali moderni gli antichi autori parlano. Se vari minerali moderni furono classificati, basandosi sul loro colore, come un´unica specie (come il già menzionato smeraldo o carbonchio), altri furono suddivisi ignorando la loro uniforme composizione chimica– cosi le varietà di quarzo (quarzo cristallino, ametista, calcedonio, opale, …) erano considerati differenti minerali. I cataloghi delle rocce includevano anche sostanze di origine organica, come corallo o pietre generate nelle viscere di animali (probabilmente calcoli).
 
Un grande passo in avanti nella classificazione dei minerali si deve all´medico e metallurgista Georg Bauer o Giorgio Agricola (1494-1555).  Nella sua opera raccoglie le conoscenze empiriche dei minerali utili per l´estrazione di metalli, descrive come essi si trovano in vene e propone una classificazione basata sul colore, il peso specifico, la trasparenza, la lucentezza, la forma e l´abito cristallino, la durezza, la sfaldatura, la fusibilità e la solubilità. Distingue “corpi semplici” composti solo da una sostanza (un minerale), le “terre” (materiale argilloso) e “corpi composti” o “pietre”, categoria che include pietre per la costruzione  o per uso ornamentale, i metalli, i minerali metalliferi e le gemme.
 
Conrad Gesner (1516-1565), contemporaneo di Agricola, classifica animali, piante e fossili, che includono corpi dissotterrati, come minerali, veri fossili e reperti archeologici.
 

Fig.1. Pagine del “Hortus sanitatis – Tractatus de lapidibus”, anonimo della fine del ´400, raccolta di pietre e minerali per l´uso magico e terapeutico, I minerali sono elencati in ordine alfabetico e vengono a loro attribuiti virtù magiche (“operationes”) o particolari effetti morali.

La classificazione proposta da questi naturalisti rimane incompleta ed é più l´eccezione che la regola, ancora per molto tempo prevale una “mineralogia mistica”. Solo on l´avvento della chimica nella metà del settecento i primi cataloghi mineralogici  - da menzionare le opere dei chimici svedesi Johan Gottschalk Wallerius (1709-1785), Axel Fredrik Cronstedt (1722-1765) e Torbern Olof Bergman (1735-1784) - comparabili a opere moderne vengono pubblicati.

18 ottobre 2015

La sesta estinzione

"[]...ci sono buoni motivi per affermare che l´umanità ha dato inizio alla sesta estinzione, sprofondando nell´eterno oblio, nel giro di poche generazioni, gran parte delle specie viventi a essa contemporanee.”
Edward O. Wilson
 
Nella 3.5 miliardi di anni lunga storia della vita sulla terra il 99% di tutte le specie si sono estinte. Estinzione é parte fondamentale della esistenza stessa, ma normalmente controbilanciata della specializzazione di specie. Un´estinzione di massa é un´ periodo geologicamente breve in cui almeno 3/4 delle specie si estinguono e l´evoluzione di nuove specie non riesce a tenere passo con la perdita di specie. Si conoscono nella storia della vita sulla terra  almeno cinque di questi periodi – alla fine del Ordovícico (in cui scompaiono 86% delle specie conosciute a quel tempo), Devoniano (75%), Permiano (96%), Triassico (80%) e la più famose e ultima di fine Cretaceo (76%). Ma anche dalla fine dell´ultima glaciazione sono scomparse molte specie di animali e vegetali, l´iconica megafauna pleistocenica persa, seguita dalla scomparsa dei mammiferi di medie dimensioni. Quale ruolo giocano cambiamenti climatici e l´avvento dell´uomo in questa estinzione rimane dibattito aperto. 

Da 400 anni si osserva una ulteriore accelerazione del tasso di estinzione - una lunga lista che include mammiferi, uccelli, rettili e anfibi, sopratutto molte specie endemiche. 

Fig.1-4. Ripreso da BRILLANTE, G. Capolavori perduti - Rapporto su quattro secoli di estinzioni animali.

In questo periodo l´effetto disastroso dell´uomo e la sua civilizzazione - distruzione del habitat, sterminio diretto per caccia, introduzione di organismi nocivi alla fauna locale e concorrenza da parte di animali domestici - é praticamente innegabile.
 
"Quanto c´é voluto perché dopo ogni evento di quella portata l´evoluzione rimediasse alle perdite? Per un avvio deciso ci vollero ogni volta 5 milioni di anni, ma il recupero completo richiese invece decine di milioni di anni. Un lasso di tempo talmente lungo da non avere nessun significato per gli uomini di oggi."
Edward O. Wilson

Bibliografia:
 
BARNOSKY, D.A.; MATZKE, N.; TOMIYA, S.; WOGAN, G.O.U.; SWARTZ, B.; QUENTAL, T.B.; MARSHALL, C.; McGUIRE, J.L.; LINDSEY, E.L.; MAGUIRE, K.C.; MERSEY, B. & FERRER, E.A. (2011): Has the Earth's sixth mass extinction already arrived? Nature Vol. 471: 51-57