28 aprile 2012

Tafonomia Vulcanica

"Posteri, Posteri
Si tratta del vostro bene
Un dì è all'altro foriero di luce:
il vegnente al susseguente
State attenti
Per venti volte da che brilla nel firmamento il sole a testimonianza della storia
Arse il Vesuvio
Ai perplessi di spirito d'esterminio feral apportator perenne
Perchè in avvenire non ci colga titubanti
"
In seguito alla disastrosa eruzione del 1631, per la posterità, il viceré di Napoli ordinò che una lapida commemorativa venisse apposta a Portici. Il testo, da molti attribuito a Padre Orsi, era scritto in latino e nel 1878 fu così tradotto per incarico del comune del sacerdote Giovanni Colucci.

Nel maggio dell´anno 1902 la città di Saint-Pierre (Isola Martinique, Caraibidi) fu distrutta da un fenomeno vulcanico sconosciuto ai geologi dell´epoca. 28.000 persone uccise, solo tre testimoni superstiti, il resoconto di uno di questi - una bambina scaraventata in mare e salvata alcuni giorni dopo - offri i primi indizi di quello che era successo:

"Mi girai, e vidi l´intero fianco della montagna rivolta verso la città, aprirsi e travolgere la gente urlante. [Io stessa] fu bruciata da rocce e ceneri che erano state scaraventate in aria."

Si cerco di rintracciare i presunti flussi di lava dell´eruzione del locale vulcano di "La Pelée", ma non si scopri nessun deposito classico vulcanico - solo un caotico miscuglio di rocce e detriti. La distruzione era localizzata, su alcuni alberi si osservo perfino una linea netta tra la corteccia bruciata e quella rimasta intatta. Nelle macerie della città furono scoperti artefatti di vetro fuso, mentre tubature in rame erano rimaste intatte, da questo si dedusse che qualunque cosa fosse successo, gli oggetti erano stati esposti a una temperatura tra i 700 e 1.000°C.

Pochi mesi dopo la catastrofe due geologi - Tempest Anderson e John S. Flett - osservarono il fenomeno di persona:

"La nube aveva forma sferica ed era ricoperta da protuberanze tondeggianti che si dilatavano e si moltiplicavano con terribile energia"

Il vulcanologo francese Alfred Lacroix (1863-1948) studio per mesi questo tipo di nuvole di ceneri, frammenti di rocce e gas incandescenti e pubblico un resoconto, denominando il fenomeno  "nueé ardente" - conosciuti oggigiorno con il termine moderno di flussi piroclastici.
Fig.1. Flussi piroclastici fotografati nel Dicembre 1902 sui fianchi di La Pelée, immagini prese da Lacroux (1904) "La Montagne Pelée et ses éruptions".

La pericolosità di un'eruzione vulcanica dipende fortemente dal tipo di eruzione e la distanza a cui ci si trova. Eruzione di carattere esplosivo, causati dal contatto con il magma con la falda acquifera, oppure i flussi piroclastici, sono sicuramente tra le più pericolose. Il comportamento dei flussi piroclastici è ancora poco compresa - dopo una fase in cui i gas incandescenti tendono a salire, il raffreddamento causa un collasso della nube formatasi. La miscela di gas, ceneri e frammenti di rocce laviche segue poi la forza di gravità e discende i  rilievi topografici, coprendo con grande velocità grandi aree. La pericolosità di questi fenomeni risulta dall´elevata temperatura (700-1.000°C), l´impatto meccanico della massa in movimento, l´effetto soffocante della cenere e possibilmente gas velenosi.
Per capire meglio gli effetti mortali di un futuro flusso piroclastico, geologi hanno studiato noti disastri del passato, ricostruendo come persone, oggetti e edifici reagiscono a un tale fenomeno. Una ricerca tafonomica pubblicata da MASTROLORENZO et al. nel 2010 ha ricostruito come furono uccisi gli abitanti di Pompei dall´eruzione e i flussi piroclastici del Vesuvio - quasi 2.000 anni fa.


Fig.2. Il ritrovamento (casuale?) di resti umani a Pompei durante la visita di Giuseppe II (raffigurazione da parte di Jean-Claude Ricard de Saint-Non; 1781-1786).

Sono stati eseguiti esperimenti termici su ossa recenti, studiati i segni del calore sulla ossa recuperate a Pompei e rilevato la posizione dei scheletri delle vittimi in relazione ai depositi vulcanici. A Pompei si possono distinguere due tipi di depositi di origine vesuviana - spessi strati di ceneri e lapilli, caduti sulla città da una nube vulcanica, e sei strati centimetrici di depositi piroclastici. Nei depositi di cenere sono stati scoperti finora più di 390 scheletri, il 90% di queste persone fu uccisa dal collasso degli edifici per il peso degli depositi stessi. Nei depositi del quarto surge piroclastico vesuviano (il primo a raggiungere le mura della città) sono stati scoperti 650 vittime, il 73% apparentemente immobilizzati nel pieno atto di movimento (fenomeno descritto nella ricerca come "freezing"). Le ossa mostrano microfratture sulla superficie e una ricristallizzazione della struttura ossea all´interno. Gli stessi fenomeni sono stati osservati se si scaldavano ossa moderne a una temperatura di 300 a 600°C. L´elevata temperatura vaporizzo la carne delle vittime e le ceneri inglobarono direttamente le ossa, fissandole nel tempo. In alcuni casi, se la temperatura era minore, la vittima rimase intatta e fu inglobata completamente. Dopo che il materiale organico si era decomposto, i vuoti rimanenti oggigiorno possono essere riempiti col gesso, tecnica che ha prodotto i celebri calchi di Pompei.
Queste ricerche hanno gettato nuova luce sugli effetti devastanti di un'eruzione caratterizzata da flussi piroclastici. La morte a Pompei non é avvenuta in prima linea per soffocamento, come ipotizzato in passato, né per forze meccaniche, ma per le temperature elevate che erano mortali anche a una distanza di dieci chilometri dal Vesuvio - e da cui non esisteva scampo, neanche dentro ad un edificio.

Questi risultati sono importanti per meglio definire una mappa della pericolosità dei dintorni del Vesuvio. Una simulazione di un ipotetico impatto di un'eruzione di medie dimensioni (comparabile all´eruzione del 1631) e stata presentata di recente da vulcanologi italiani dell´ INGV.
Come in passato, il più grande pericolo risulta dai flussi piroclastici, che potrebbero scendere dal Vesuvio fina ad una distanza di sette chilometri, zona rossa abitata oggigiorno da più di 300.000 persone.




Bibliografia:

DE CAROLIS, E. & PATRICELLI, G. (2003): Vesuvio 79 d.C. la distruzione di Pompei ed Ercolano. L´ERMA di BRETSCHNEIDER: 129
GIACOMELLI, L.; PERROTTA, A.; SCANDONE, R. & SCARPATI, C. (2003): The eruption of Vesuvius of 79 AD and its impact on human environment in Pompeii Episodes. Vol. 26, No. 3
LEWIS, T.A.(ed) (1985): Volcano (Planet Earth). Time-Life Books: 176
LUONGO, G.; PERROTTA, A. & SCARPATI, C. (2003): Impact of the AD 79 explosive eruption on Pompeii, I. Relations amongst the depositional mechanisms of the pyroclastic products, the framework of the buildings and the associated destructive events. Journal of Volcanology and Geothermal Research 126: 201-223 doi:10.1016/S0377-0273(03)00146-X
LUONGO, G.; PERROTTA, A.; SCARPATI, C.; DE CAROLIS, E.; PATRICELLI, G.; CIARALLO, A. (2003): Impact of the AD 79 explosive eruption on Pompeii, II. Causes of death of the inhabitants inferred by stratigraphic analysis and areal distribution of the human casualties. Journal of Volcanology and Geothermal Research 126: 169-200 doi:10.1016/S0377-0273(03)00147-1
 
MASTROLORENZO, G.; PETRONE, P.; PAPPALARDO, L. & GUARINO, F.M. (2010): Lethal Thermal Impact at Periphery of Pyroclastic Surges: Evidences at Pompeii. PLoS ONE 5(6): e11127. doi:10.1371/journal.pone.0011127

2 commenti:

  1. Osservando una foto aerea è possibile notare come il territorio di Napoli sia stretto in una morsa di rischio vulcanico. I campi flegrei sono occupati dall'urbanizzazione, addirittura all'interno di vecchi crateri, e anche le pendici del gigante dormiente sono intensamente urbanizzate.

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  2. Il vulcano è vivo...sta accumulando gas in pressione

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