19 settembre 2011

19 settembre 1991: L´Uomo venuto dal ghiaccio

 Riassunto dell´articolo originale pubblicato su Scientific American
"September 19, 1991: The Iceman Natural History"

È stata una morte veloce e solitaria, ferito da una freccia nella schiena l´uomo con un'età stimata di 45 anni muore dissanguato in pochi minuti. Il corpo fu lasciato sul luogo del delitto - forse gli aggressori pensarono che animali e il tempo avrebbe cancellato tutte le prove, ma nel clima freddo e secco in 3.200 metri il corpo cominciò a essiccare e grandi spazzini non si avventurano in questo regno desolato. Durante l´inverno neve ricopre il canalone in cui si trova il corpo, trasformandosi lentamente in ghiaccio questa coperta proteggerà e conserverà i resti umani per i prossimi millenni.

 Fig.1. Una piccola chiazza di neve ricopre il canalone in cui fu scoperto il celebre "Ötzi".
Il 19 settembre 1991 - 20 anni fa - due turisti tedeschi, Erika e Helmut Simon, in escursione nei pressi del Rifugio Similaun scoprono il corpo dopo un periodo di forte ablazione dei ghiacciai, aiutato dal clima mite a fine estate e depositi di sabbia del Sahara sul ghiaccio. La mummia diverrà presto conosciuta col nomignolo di Ötzi - un'unica capsula del tempo per studiare una persona conservata direttamente dal periodo della cultura del rame in Europa.

Ötzi e gli artefatti del suo equipaggiamento possono comunicare anche importanti informazioni sui ghiacciai durante una fase di clima mite durante la prima parte dell´Olocene. Questo periodo è ancora poco compreso, non esistono sedimenti glaciali a documentare una fase di forte regressione dei ghiacciai, esistono solo indicazioni basati su variazioni di pollini in torbiere e resti organici datati con metodo del radiocarbonio.
Durante l'ultimo massimo glaciale - circa 18.000 anni fa - l'intera area delle Alpi Alto Atesine era quasi completamente coperta da ghiaccio, solo le vette più alte emergevano da un mare bianco. Nella zona del rifugio di Similaun si possono trovare tra i 3.060 e 3.400 metri una linea di erosione levigata dal ghiaccio in movimento.
La mummia (scoperta a circa 3.200 metri) è stata datata a 4.500- 4.580 anni. La conservazione implica che il cadavere fu sepolto relativamente rapidamente sotto una copertura permanente di neve e ghiaccio. Questo implica anche che ci fu un cambiamento climatico che ha causato un espansione dei ghiacciai all´inizio della Neoglacazione, durante la seconda metà dell'Olocene.
Questo cambiamento climatico è sostenuto anche da alcuni orizzonti di suolo, trovati in depressioni nei pressi del sito della mummia, è datati a 5.600 e 3.800 anni fa. Simili suoli necessitano almeno 5 a 12 secoli per svilupparsi, questo conferma che prima della Neoglacazione ci fu un periodo di clima relativamente mite.
L'Uomo venuto dal ghiaccio e il suo sito rivelano che tra i 9.000 e i 5.000 anni fa i ghiacciai di montagna erano più piccoli che nella seconda metà dell'Olocene.

I manufatti che Ötzi portava con sé rivelano anche particolarità dell´ambiente in cui viveva. Era un ambiente caratterizzato da una ricca biodiversità, di fatto Ötzi ha usato una sorprendente varietà di piante per i suoi attrezzi. L´ascia e l´arco sono fatti dal legno resistente e elastico di tasso (Taxus baccata). Le 14 frecce sono fatte del legno duro di nocciolo (Corylus avellana), una freccia è stata riparata con legno di corniolo (Cornus). L´impugnatura del pugnale è fatta da legno duro di frassino (Fraxinus excelsior), la fodera di corteccia di tiglio (Tilia). In un cesto costruito con corteccia di betulla (Betula) è stato trovato carbone di abete rosso (Picea /Larix), pino ( Pinus mugo), ontano verde (Alnus viridis) e salice (Salix reticulata) e olmo (Ulmus).

La maggior parte delle specie trovate insieme al corpo crescono nelle regioni montane (dal fondovalle ad un altitudine di 1.800 metri), anche se sono presenti anche alcune specie di conifere subalpine (1.800-2.500 metri) e alpine (sopra i 2.500 metri). Le loro esigenze ecologiche dimostrano che esisteva una foresta dominata da latifoglie nel fondovalle, con specie caratteristiche termofile che crescono su suolo fertile. Questa ricostruzione è simile alla situazione (naturale) attuale nella Val Senales e Val Venosta.

Le prove botaniche sembrano confermare un clima paragonabile a quello recente, con estensioni dei ghiacciai simili alla situazione moderna - o almeno prima che la nostra civiltà industrializzata ha cominciato ad alterare il clima globale.

Fig.2. Ricostruzione del periodo dell´Olocene nelle Alpi europee con variazioni dei ghiacciai in Svizzera e Austria secondo MAISCH (2000),  PATZELT et al. (1996) e PATZELT (2000). La prima parte dell´Olocene é caratterizzata probabilmente da un clima mite con minori estensioni dei ghiacciai alpini - Ötzi muore durante una fase di avanzamento dei ghiacciai denominata Rotmoos II.
Bibliografia:

BARONI, C. & OROMBELLI, G. (1996): Short paper - the alpine "Iceman" and Holocene Climatic Change. Quaternary Research 46: 78-83
MAGNY, M. & HAAS, J.N. (2004): Rapid Communication - A major widespread climatic change around 5300 cal. yr BP at the time of the Alpine Iceman. Journal of Quaternary Science 19(5): 423-430
MAISCH, M. (2000): The longterm signal of climate change in the Swiss Alps: Glacier retreat since the end of the little Ice Age and future ice decay scenarios. Geogr. Fis. Dinam. Quat. 23: 139-151
PATZELT, G.; BORTENSCHLAGER, S. & POSCHER, G. (1996): Exkursion A1 - Tirol: Ötztal-Inntal. Exkursionsführer DEUQUA-Tagung Gmunden/Oberösterreich 14-16.9.1996: 23
PATZELT, G. (2000): Natürliche und anthropogene Umweltveränderungen im Holozän der Alpen. Rundgespräche der Komission für Ökologie, Bd. 18 Entwicklung der Umwelt seit der letzten Eiszeit: 119-125

16 settembre 2011

Il terremoto dell´Aquila: il processo

Fig.1. La situazione italiana, immagine tratta da Wikipedia.

Nella mattinata del 6. Aprile alle 3:32 un terremoto con una magnitudo di 6.9 secondo la scala Richter modificata scosse la regione dell´Aquila, 45 città e paesi furono affetti, 1.600 persone ferite,20.000 edifici danneggiati e 65.000 persone dovettero evacuare le loro abitazioni e 308 persone morirono sotto i detriti di edifici.
La regione del Abruzzo é conosciuta per l´attività sismica nel presente e nel passato, anche nel 2009 lieve scosse erano state osservate per mesi e il 5. Aprile una scossa di 3.9 fu avvertita dai abitanti dell´Aquila.

Il terremoto e il disastro risultante hanno avuto grandi ripercussioni nei media, nella politica e anche nell´ambito legale dell´Italia.

La settimana prossima si aprirà il processo per negligenza e omicidio colposo nei confronti di sei scienziati e un rappresentante governativo - Enzo Boschi, allora presidente dell'INGV, Franco Barberi dell´Università di Roma, Mauro Dolce della protezione civile, Claudio Eva dell´Università di Genova, Giulio Selvaggi, direttore dell'INGV, Gian Michele Calvi, presidente del centro sismico di Genova e Bernardo De Bernardinis, vicedirettore del dipartimento della protezione civile.

La formulazione preliminare dell´accusa era ed è molto controversa: la colpa soprattutto dei morti è stata attribuita alla mancata avvertenza da parte degli scienziati ed enti di un sisma di forte entità. Questa formulazione ha suscitato meraviglia nel mondo accademico internazionale - in risposta più di 5.000 scienziati e diversi enti hanno sottoscritto una lettera aperta al presidente della repubblica Giorgio Napolitano per chiarire il dato di fatto che terremoti non sono prevedibili. Al momento l´accusa è stata riformulata basandosi sulla presunta mancata comunicazione di enti con la popolazione e la sottovalutazione del vero rischio di scosse sismiche.

L´accusa stessa si basa sostanzialmente su una riunione non ufficiale il 31 marzo, quando gli indagati risposero alle domande della popolazione affermando che le scosse osservate nei mesi scorsi non sono necessariamente premonitrici di una forte scossa e che un terremoto come nel 1703 è improbabile, anche se non impossibile. Dopo questa riunione De Bernardinis e Barbieri insieme al sindaco d´Aquila Massimo Cialente e un rappresentante della protezione civile rilasciarono diverse interviste in cui presentarono ai media queste osservazioni da parte degli scienziati, affermando che la situazione è normale è che scosse sono un segno che le tensioni telluriche vengono rilasciate in modo controllato.


Queste furono di certo affermazioni semplificate per i media da parte di non esperti in campo scientifico - alla fine non ci fu nessuna dichiarazione ufficiale. Sono proprio queste parole ora contestate da parte dai terremotati come tentativo di minimizzare il rischio di terremoto.
Secondo molti ricercatori anche se l´operato di questa commissione improvvisata è disputabile, questo non avvalora l´accusa.

L´Aquila è una zona a rischio di terremoti, sismi sono riportati nel anno 1315, 1349, 1452, 1461, 1498, 1501, 1646, 1703, 1706, 1791, 1809, 1848 e 1887, durante il terremoto del 1703 morirono più di 5.000 persone. L´affermazione di prevedere o prepararsi per singoli e specifici terremoti è impossibile/irrilevante, dato che il rischio è conosciuto - la migliore difesa è la realizzazione di strutture ed edifici antisismiche basata sulle conoscenze dei terremoti del passato con un margine di sicurezza appropriato.




Bibliografia:


ARMATO, A. & CIACCIO, M.G. (2011): Earthquake sequences of the last millennium in L’Aquila and surrounding regions (central Italy). Terra Nova: 1-10
HALL. S.S. (2011): Scientists on trial: At fault? Nature 477: 264-269
TERTULLIANI, A. (2011): Il segni del terremoto sul tessuto urbano. DARWIN No. 42 Marzo/Aprile: 80-83

4 settembre 2011

4 settembre 1618: La frana di Plurs

 Riassunto dell´articolo originale pubblicato su Scientific American
" September 4, 1618: The landslide of Plurs"

"Veritiera e terribile nuova descrizione /
della morte improvvisa /
del villaggio ben noto di Plurs in Bergel /
e situato nelle province di Bünten /
improvvisamente una frana scese dalla montagna /
e l'intero villaggio in un momento fu seppellito /
elevato da terra / sepolto / gettato via e sradicato / il fatto accaduto in questo anno 1618.
"

Il 25 agosto 1618, secondo il nostro moderno calendario il 4 settembre, era il primo giorno di sole dopo un periodo piovoso e gli abitanti del villaggio di Plurs (ai tempi su territorio svizzero, oggi italiano), situato all'ombra del monte Conto, si godevano il bel tempo.
Plurs era un paese relativamente benestante, l´estrazione di talco dal monte Conto aveva portato soldi alla gente del posto, ma le miniere situate ai piedi della montagna erano artigianali e non rispettavano nessuna misura di sicurezza.

Fessure nelle rocce e rumori provenienti dalla montagna erano stati notati da anni, ma questi fenomeni non venivano considerato minacciosi. Cronache locali raccontano che prima del 25 luglio 1618 "la montagna [è] sempre divisa [a parte] e ancora 10 anni fa [era] fessurate".
Bartholomäus Anhorn, pastore della citta di Claven (oggi Chiavenna) descrive l´ultimo giorno di Plurs: "Alle 4 del pomeriggio una frana della montagna di Conte è caduta dal lato, dove i Lavazzi [come venivano chiamate le lastre di talco] sono estratti.
La montagna è stata fessurata, ma non di tanto, fino all'inizio del buio della notte, poi dalla montagna la maggior parte è caduta con grande rumore e ha sepolto completamente l´intero posto con il piccolo villaggio di Chilan
[un paese situato a sud di Plurs]".
La frana cadde verso mezzanotte, seppellendo l'intero villaggio di Plurs sotto 8 a 10 metri di detrito e uccidendo circa 1.000 a 2.500 persone. La causa del disastro è evidente: l´indebolimento della parte inferiore della montagna con le miniere improvvisate e le infiltrazioni d'acqua nelle fessure aperte nella roccia. 

Fig.1. Raffigurazione di Johann Hardmeyer, Zurigo 1618, che mostra il villaggio di Plurs prima e dopo la frana. La stampa fu commissionata dal grande studioso e naturalista svizzero Johann Jakob Scheuchzer (1672-1733).

E 'interessante notare che dopo la catastrofe del 1618 sono stati messi in circolazione rumori, che rappresentarono gli abitanti di Plurs corrotti dalla loro "ricchezza". Una spiegazione comune per spiegare l´apparente ira divina che ha causato la frana.
Un primo "approccio naturalistico" (senza trascurare l'interferenza divina) viene suggerita da Eberhard Werner Happel nella sua raccolta di "storie meravigliose" - "Relationes curiosae, Denckwürdigkeiten oder der Welt", pubblicata in una prima edizione e con diversi volumi negli anni 1683-1689:

"Quello che un grande terremoto può fare, il piccolo villaggio di Pleurs possa testimoniare [...] era posto sotto una parete rocciosa scoscesa e c'erano persone molto ricche e nobili. Nell'anno 1618, il 25. Agosto sul vecchio calendario, era con il tramonto che la grande roccia a strapiombo è stata dilaniata da una forza che potrebbe essere venuta da sottoterra…[] È stato un masso di roccia che migliaia di persone non potrebbero spostare e cosi Pleurs è stata distrutta…"

Niente oggi ricorda il vecchio villaggio di Plurs, ancora sepolto sotto la frana - la zona è oggi utilizzato per il pascolo e l'agricoltura. Cronache raccontano solo di due artefatti recuperati nel 1767 e il 1861: le campane di una chiesa sono state trovate tra le macerie.

Bibliografia:

HAUER, K. (2009): Der plötzliche Tod. Frühneuzeitliche Bergstürze in den Städten Salzburg und Plurs kulturhistorisch betrachtet, LIT Verlag: Münster-Hamburg-Berlin-Wien-London-Zürich: 241
HÖFLER, H. & WITT, G. (2010): Katastrophen am Berg - Tragödien der Alpingeschichte. Bruckmann Verlag: 144

2 settembre 2011

2 settembre 1806: La frana di Goldau


Riassunto dell´articolo originale pubblicato su Scientific American

Il 2 settembre dell´anno 1806 il villaggio Svizzero di Goldau è stato distrutto da una frana proveniente dalla montagna “Rossberg” - quasi 500 persone perirono sotto le macerie. La notizia del disastro fu ampiamente diffusa dai primi giornali nazionali e molti naturalisti visitarono il sito per osservare i resti della frana. Era tra le prime volte che fu scelto di utilizzare un approccio naturalistico per studiare una catastrofe geologica, approccio che sostituisce la spiegazione comune di una catastrofe come una punizione divina.

Grazie al meticoloso lavoro dei naturalisti e una grande quantità di osservazioni da parte di testimoni siamo oggigiorno in grado di ricostruire in grande dettaglio lo svolgimento della frana.
Appena un anno dopo la frana il medico Dr. Carl Zay scrive nella sua documentazione dal titolo "Goldau und seine Gegend":

"Il terreno sembra sbucciarsi in strati l´uno dall´altro, il colore verde del suolo si sostituisce a quello bruno della terra, le foreste si spostano… e gli abeti vacillano in una massa. Alcuni massi rotolano giù per la montagna, distruggono case, fienili e alberi….
Ora improvvisamente il movimento aumenta, intere file di alberi di pino cadono in disordine verso il basso e nel profondo. Tutto distaccato e mobile, foresta, terra, pietre e rocce cadono e scivolano via…
Un ruggito terribile è udito, intere sezioni di terreno sono strappate in parte, massi di roccia grandi e più grandi di case, intere file di alberi di pino sono lanciate in aria…
Una terribile nuvola di polvere rosso-marrone si solleva…
La montagna e la valle sono scosse, la gente immobilizzata dalla vista… case, persone e animali sono scaraventati sopra la terra e in aria….

Esistono leggende che narrano della distruzione dell’areale attorno alla montagna quasi 2.000 anni fa, nel XIV secolo un fiume fu arginato da una frana e nel 1354 l'antico villaggio di Rothen misteriosamente scomparve. Anche il villaggi di Goldau fu costruito sui depositi di una antica frana. Mesi prima della frana alcuni contadini che visitarono la montagna osservarono crepe riempite d´acqua e un incremento di caduta di massi sulle pendici del Rossberg, ma dato che si credeva il villaggio in una distanza sufficientemente sicura nessuno si allarmo.

Il Rossberg è una montagna situata a nord di Goldau alta più di 1.500 metri. La montagna è costituita da una successione eterogenea di strati argillosi, arenarie e conglomerati, il tutto inclinato dalla tettonica di 20° in direzione fondovalle. Infiltrazioni d´acqua tendono a dilavare il materiale fine e argilloso, destabilizzando l'intera successione.
 L'estate 1806 fu particolarmente umido e anche il 2 settembre fu un giorno di pioggia. Nel primo pomeriggio si udirono alberi spaccarsi e la caduta di massi s’intensifico durante le prime ore. Nel tardo pomeriggio alberi cominciarono a muoversi e il bestiame e uccelli scapparono  spaventati dalla zona di distacco. Alle 16.45 la montagna collassa e la frana scivola in valle, sotterrando il villaggio di Goldau e perfino zone delle pendici della montagna opposta al Rossberg.

Fig.1. Dipinto di Triner Xaver (1767-1824), commissionato dal governo del cantone Schwyz, che mostra la zona di distacco e i depositi della frana che cadendo dal Rossberg distrusse il villaggio di Goldau.

Bibliografia:

BOLLINGER, D. (2006): Der Bergsturz von Goldau: Rückblick und Ausblick. Bull. angew. geol. Vol. 11(2): 3-12
BUSSMANN, F. & ANSELMETTI, F.S. (2010):
Rossberg landslide history and flood chronology as recorded in Lake Lauerz sediments (Central Switzerland). Swiss J. Geosci. 103: 43-59
EVANS, S.G. & DeGRAFF, J.V. (2002):
Catastrophic Landslides: Effects, Occurrence, and Mechanisms. Reviews in Engineering Geology Vol. XV, The Geological Society of America: 411
HÖFLER, H. & WITT, G. (2010): Katastrophen am Berg – Tragödien der Alpingeschichte.
Bruckmann Verlag: 144
THURO, K., BERNER, C. & EBERHARDT, E. (2005): Der Bergsturz von Goldau 1806 – Versagensmechanismen in wechsellagernden Konglomeraten und Mergeln. In: Moser, M. (ed): Veröffentlichungen von der 15. Tagung Ingenieurgeologie, 6-9. April 2005, Erlangen: 303-308
THURO, K. & HATEM, M. (2010): The 1806 Goldau landslide event – analysis of a large rock slide. Williams (ed.): Geologically Active. Taylor & Francis, London: 3693-3700