6 dicembre 2013

Il Mondo Perduto

Sir Arthur Conan Doyle, noto come padre dell´immaginario investigatore "Sherlock Holmes", nutriva una grande passione per fenomeni sovrannaturali e mostri preistorici - e nei suoi racconti ne fa ampio uso. Nella sua opera "Il mondo perduto", scritta appena in un anno e pubblicata nel 1912, introdusse l´idea di un mondo remoto ancora popolato da creature estinte nel resto del mondo nella cultura popolare.  

Sembra che Doyle fu ispirato a scrivere questo romanzo da un incontro avvenuto nel Mare Egeo cinque anni prima. Doyle scrive nella sua autobiografia del 1923:
 
"Mi è rimasto impresso [...] un curioso incidente del nostro viaggio. Stavamo passando Egina in una bella giornata con il mare calmo. Il capitano, un cortese italiano, ci aveva permesso di salire sul ponte e noi, mia moglie e io, stavamo guardando in basso verso le trasparenti profondità, quando vedemmo una creatura che non era mai stata, per quanto ne sapessi, descritta dalla scienza. Somigliava esattamente a un giovane ittiosauro, lungo circa 120 cm, con coda e collo sottili e quattro notevoli pinne laterali. La nave lo superò prima che potessimo chiamare qualunque altro osservatore. [...] l'Ammiraglio Anstruther qualche anno più tardi, ha descritto e disegnato sull'Evening News una creatura esattamente simile che aveva visto sott'acqua a largo della costa Irlandese. Questo vecchio mondo ha ancora in serbo delle sorprese per noi." (traduzione presa dal sito criptozoo)

A parte il presunto incontro con un mostro marino, sembra più verosimilmente che Doyle prese spunto per le avventure dei suoi protagonisti dal famoso romanzo di Jules Verne "Viaggio al Centro della Terra" (pubblicato nel 1874) e i resoconti di avventurieri del 19° secolo, tra cui una delle prime spedizioni che riuscì a raggiungere il Monte Roraima, al confine del Venezuela e Brasile, tra il 1838 e il 1844. Leggende locali affermavano che sulla vetta di questa montagna isolata vivevano strane creature, simili a scimmie e a grandi serpenti. 

Fig.1. Frontespizio di "Viaggio al centro della terra" (in un'edizione del 1867). L´immagine di Edouard Riou mostra una feroce battaglia tra pterodattili, un plesiosauro e un mosasauro - fu proprio Verne a introdurre questi animali preistorici nella cultura popolare.
  
Sta di fatto che Doyle colloca il suo immaginario mondo perduto nel Sudamerica. Il mondo perduto ispirerà a sua volta uno dei primi film con protagonisti i dinosauri.



Curioso da notare che nel romanzo i dinosauri non giocano un ruolo fondamentale come nei film successivi  - tra i dinosauri figurano solamente Iguanodon, Stegosaurus e Megalosaurus.  I rettili marini sono ripresi in parte da Verne - ma Plesiosaurus e Ichthyosaurus sono appena accennati. Gli avventurieri incontrano inoltre alcuni mammiferi del Cenozoico, uomini primitivi e un uccello gigante del genere Phorusrhacos. Ma i veri protagonisti, con più di  31 menzioni nel libro, sono i rettili volanti come i pterodattili. 

Conan Doyle si baso sulle più recenti scoperte scientifiche disponibili a quei tempi, prese parte a diverse conferenze  con tematiche geografiche e paleontologiche e consulto diverse pubblicazioni popolare sugli animali estinti - cita perfino un autore specifico nel suo racconto:
 

"Questa è un'eccellente monografia di un mio amico di talento, Ray Lankester! - disse -. C'è un'illustrazione qui che le potrà interessare. Ah sì, eccola! La didascalia suona: "Aspetto probabile del dinosauro stegosauro del Giurassico, da vivo."
 

Ray Lankester (1847-1929) era un paleontologo e divulgatore britannico che nel 1905 pubblico il libro "Extinct Animals".

L´idea originale di Doyle - una terra talmente isolata che perfino il tempo l´ha dimenticata (al tempo di Doyle l´evoluzione era vista come un processo con un fine ben preciso - l´uomo vittoriano. Pertanto se non passava tempo anche l´evoluzione si poteva fermare a uno stato più primitivo) - sarà ripresa da molti autori e produttori di film successivi. Film come "King Kong" (1933)*, "Unknown Island" (1984), "The Land Unknown" (1957), "The valley of Gwangi" (1969), "Land that Time forgot" (1975) e "The last Dinosaur" (1977). 
*Le spudorate copie di King Kong potrebbero essere trattate come un proprio genere di film, esempio é "The Mighty Gorga", una schifezza prodotta nel 1969...



Un grande vantaggio di questi mondi é la possibilità di introdurre praticamente ogni creature preistorica conosciuta - e non solo - in alcuni versioni ci sono perfino gli alieni! In "Planet Of The Dinosaurs" of 1978 oppure "On a comet" (1970) i mondi perduti si trovano su dei corpi celesti, nella produzione del 1962 conosciuta come  "Planeta Bur" (ma anche come "Storm Planet", "Voyage to the Prehistoric Planet" e "Voyage to the Planet of Prehistoric Women"!) una spedizione russa scopre dinosauri su Venere!
 
Bibliografia:
 
DALLA VECCHIA, F.M. & MARRA, A.C. (2006): Dinosauri di celluloide: una filmografia ragionata. PaleoItalia 15 Novembre 2006: 16-23
DEBUS, A. A. (2002): Dinosaurs in fantastic fiction: a thematic survey. Mac Farland & Company: 220
MARTILL, D.M. & POINTON, T. (2013): Dr Arthur Conan Doyle´s contribution to the popularity of pterodactyls. Geological Society Special Publications 375
TRUBY, J. (2010): Horror, Fantasy and Science Fiction. Truby's Video & Audio Classes 2010

17 novembre 2013

In principio fu Charles Lyell

"Il più grande merito dei Principi è che cambia l´intero pensiero , cosicché anche se ci si imbatte in una cosa non esaminata da Lyell, e come se lo si vedesse attraverso i suoi occhi."
Charles Darwin

Charles Lyell nacque nei pressi del paese scozzese di Forfarshire il 14 novembre 1797. Figlio di una famiglia benestante, Lyell avrebbe potuto scegliere una promettente - e probabilmente molto tranquilla - carriera da avvocato. Studio per primo matematica, arti classiche e giurisprudenza, ma dopo che aveva assistito a una lezione del naturalista William Buckland all´Università di Oxford nacque il suo interesse per la geologia. Dal 1827 in poi si dedico completamente a questa - a quei tempi - giovane ed entusiasmante disciplina, visitando in lungo e in largo affioramenti geologici nell´Europa, a cui seguirono più tardi alcuni viaggi negli Stati Uniti.

Fig.1. Litografia di Charles Lyell realizzata nel 1840 durante uno dei suoi viaggi negli Stati Uniti.
 

Nel periodo che va dal 1830 al 1833 pubblicò i risultati delle sue ricerche nel opera storica "Principles of Geology", in cui applicò e sviluppò ulteriormente  la teoria dell´Uniformitarismo. I principi base di questa teoria erano stati concepiti alcuni anni prima da James Hutton. Non catastrofi e cambiamenti rapidi scolpirono le forme della terra, ma lenti processi di deposizione ed erosione, osservabili anche nei tempi moderni (da cui anche il nome "Attualismo").

Fig.2. Il frontispizio del libro "Elements of Geology" di Lyell pubblicato nel 1838 - si trattava di un'opera intesa per un pubblico generale in cui Lyell proponeva le sue teorie già introdotte nella communita scientifica tramite il suo "Principles...". Questa figura rappresenta il ciclo delle rocce. Rocce magmatiche e metamorfiche si formano in profondità e sono erose da processi atmosferici in superficie. Le rocce sedimentarie si depositano nei bacini oceanici  tra le singole "elevazioni e montagne vulcaniche". Il diagramma implica anche, mostrando in sezione i strati della crosta terrestre, che questi  processi che formano oggigiorno le rocce dovevano essere  attivi anche in un remoto passato.

Nella seconda edizione della sua opera si occupo delle genesi delle rocce e  introdusse l´idea che da rocce sedimentarie tramite alte temperature, date dal contatto con rocce magmatiche, si potevano formare rocce metamorfiche. Nella terza edizione si occupo di paleontologia e stratigrafia e della storia naturale dell´uomo.
Fu proprio una copia dell´opera di Lyell a bordo del brigantino "Beagle" a dare ad un´giovane e sconosciuto naturalista di nome  C. Darwin un idea degli abissi del tempo che la terra  é la vita avevano attraversati nel passato.
 
Bibliografia:
 
RUDWICK, M.J.S. (1998): Lyell and the Principles of Geology. In: BLUNDELL, D.J. & SCOTT, A.C. (eds) "Lyell: the Past is the Key to the Present". Geological Society, London, Special Publications, 143: 3-15

3 novembre 2013

Il mistero del Granito

Uno dei più grandi misteri per i geologi del 19° secolo era la genesi delle rocce magmatiche. Il termine deriva da "magma" (che tradotto significa molle, deformabile) e fu usato in geologia per la prima volta nel 1794 dal naturalista francese Dolomieu, anche se lui lo usava per descrivere processi idrotermali. Oggigiorno magma è il termine per indicare prodotti che si generano dalla fusione di una roccia.
 
I primi geologi assumevano una netta stratificazione dell´interno terrestre - se i diversi strati di rocce fondevano si generavano diversi tipi di magma, che poi si ricristallizzavano di nuovo in diversi tipi di rocce. Di fatto rocce come il granito erano considerate le rocce più basali, depositatosi in un oceano primitivo quando le materie prime della terra si condensarono dal caos primordiale:

"tutte le osservazioni accordano, per quanto siano state fatte di recente, che il granito è la roccia di base di ogni montagna su questa terra, che tutti i restanti ammassi rocciosi si ritrovano su di esso o sui suoi lati, esso stesso in contrasto non copre più nulla, e se cosi non compone l'intero globo, nientedimeno compone la più basale crosta terrestre a noi accessibile."
Johann Wolfgang Goethe (1749-1832)

Nel 1820 il naturalista Conte Giuseppe Marzari-Pencati (1779-1836) pubblico le sue osservazioni delle relazioni geologiche nella Val di Fassa. Nel sito di Canzoccoli un granito sembrava inglobare una roccia calcarea a grana fine - secondo i modelli geologici dell´epoca questo era impossibile, il granito doveva essere la roccia più antica e trovarsi per questo sotto la roccia calcarea. 

Fig.1. Il sito di Canzoccoli visto dal paese di Predazzo...
Fig.2. ... e in una interpretazione dei rapporti litologici da parte di un geologo (1846).

Pencati, che aveva visitato i vulcani del Sud Italia, dedusse che il granito un tempo fu un fluido "iniettato" nella roccia calcarea - che pertanto era più antica della roccia magmatica e questa ultima si formava tramite cristallizzazione dal magma.

Fig.3. Filoni magmatici di colore scuro (e composizione basaltica) intrudono rocce calcarea di un barriera corallina fossile, affioramento sul sentiero geologico del Dos Capél.
 
L´idea che rocce si formano tramite cristallizzazione da materiale fuso non era del tutto nuova. Nel 1788 l´agronomo e naturalista scozzese James Hutton aveva formulato un´ipotesi secondo cui la terra é simile a una grande fornace e rocce fuse salgono in superficie dove alimentano vulcani e il magma raffreddandosi forma nuove rocce. Il geologo Charles Lyell incorpora questa ipotesi nella sua opera "Principles of Geology" (pubblicata nel 1830-33), tramite cui si diffonderà tra i geologi dell´epoca.

Ma questa scoperta significava anche che la presunta stratificazione della terra probabilmente non esisteva e che l´interno della terra era molto più omogeno di come immaginata dai primi geologi. Questo pose un grave problema, come da una roccia omogenea si possono generare diversi magmi e diverse rocce magmatiche (dal classico granito chiaro al scuro basalto). La genesi del magma era più complicata del previsto…

Fig.4. Nel 1968 furono scoperte alcuni schizzi non pubblicate di John Clerk, un artista commissionato da J. Hutton per disegnare gli affioramenti visitati e  studiati - si intravede una sequenza deformata di roccia calcarea, arenarie e marne, sul lato sinistro si intravede una intrusione magmatica omogena e che taglia i strati in modo discordante.

Bibliografia:

AVANZINI, M. & WACHTLER, M. (1999): Dolomiti La storia di una scoperta. Athesia - Bolzano: 150
DELLANTONIO, E. (1996): Geologia delle Valli di Fiemme e Fassa. Museo Civico Geologia e Etnografia - Predazzo: 72
LOOK, E.-R. & FELDMANN, L. (Hrsg.)(2006): Faszination Geologie - Die bedeutendsten Geotope Deutschlands. E. Schweizerbart´sche Verlagsbuchhandlung, Stuttgart: 179
WAGENBRETH, O.(1999): Geschichte der Geologie Deutschland. Georg Thieme Verlag: 264

15 febbraio 2013

Meteoriti – Le rocce cadute dal cielo

La rete sta impazzendo per i video che mostrano un bolide che penetrando nell´atmosfera terrestre si è probabilmente (quasi) completamente disintegrato (ci sono rumori, che alcuni crateri d´impatto sono stati localizzati nei pressi della città di Chebarkul) nei cieli della Russia a un´altezza di 35 chilometri.

Il primo video mostra la scia di luce del bolide, il secondo - ancora piú impressionante - i danni provocati dal tuono supersonico. Le esplosioni di vetrate hanno causato la maggior parte dei feriti - numeri riportati variano da 500 a 900 persone.



Nel Novembre dell´anno 1492 un simile fenomeno fu osservato nei cieli sopra la piccola città di Ensisheim (al tempo parte del regno austriaco, oggi Francia). Un "terribile tuono seguito da un lungo rombo" é una roccia cade dal cielo, formando un cratere della profondità "di un uomo meta altezza". La strana roccia fu portata in città e depositata in chiesa - una precauzione per limitare i possibili effetti maligni di questo evento, giacché meteore furono per lungo tempo ritenute - se non direttamente responsabili - segni premonitori di guerra, pestilenza e fame.
Per secoli l´origine dei meteoriti rimane un mistero scientifico, anche se durante e soprattutto dopo il periodo rinascimentale due spiegazioni prevalgono: Le rocce meteoriche sono formate dalla condensazione dell´aria o gas dispersi nell´atmosfera, oppure - in alternativa - rocce scaraventate prima in cielo da violente eruzioni vulcaniche.
Può sembrare strano oggigiorno che l´origine extraterrestre è stata considerata inverosimile, ma la negazione di questa possibilitá si basava sull´osservazione che gli spazi interplanetari erano (o meglio sembravano) privi di materia, ipotesi supportata e promossa ancora dal grande Sir Isaac Newton (1642-1727). Storie e racconti di rocce cadute dal cielo furono ritenute perlopiù frutto della fantasia e ignoranza dei testimoni.

Nel 1794 il dottore in medicina, avvocato e appassionato naturalista tedesco Ernst Friedrich Chladni (1756-1827) pubblica i risultati della sua ricerca sotto il titolo "Über den Ursprung der von Pallas gefundenen und anderer ihr ähnlicher Eisenmassen, und über einige damit in Verbindung stehende Naturerscheinungen - Sulla origine delle masse di metallo scoperte da Pallas* e alcuni fenomeni naturali connesse a loro" Chladni raccolse talmente tante testimonianze di rocce cadute dal cielo che era difficile negarle tutte. Inoltre poté dimostrare tramite analisi chimiche e petrografiche che queste strane rocce possedevano alcuni caratteri non riconosciute in rocce di origine terrestre - "Eliminato l'impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità" da"Il segno dei quattro" di Sir Arthur Conan Doyle.

*Peter Simon Pallas (1741-1811) fu un botanico di origine tedesca che compi varie spedizioni in Russia, dove raccolse anche delle rocce di origine extraterrestre.

Bibliografia:

BÜHLER, R.W. (1992): Meteorite - Urmaterie aus dem interplanetaren Raum. Weltbild Verlag:, Augsburg: 192

3 febbraio 2013

La Nascita delle Dolomiti

"De ròba vèyes
e de prúmes témpes
ay ó aldí
e vo kanté bayédes
"
Di fatti antichi
e tempi remoti
io ho conoscenza
e voglio raccontarvi
Introduzione dei Cantastóries ladinici



 
Nel luglio 1791 l´aristocratico, avventuriero e naturalista Diedonnè-Silvain-Guy-Tancrede de Gvalet de Dolomieu pubblica un breve articolo su un particolare tipo di calcaree che non reagiva con l´acido e che lui stesso aveva raccolto durante uno dei suoi viaggi nel Tirolo. Tre anni dopo il naturalista Richard Kirman descrive questo tipo di roccia come Dolomia, da cui alla fine deriva il nome dei monti pallidi - le Dolomiti.  Per lungo tempo la genesi delle dolomia e sopratutto la morfologia delle Dolomiti -  caratterizzata  da ripide cime circondati da ampie vallate - rimase un segreto insolvibile.

Antiche leggende narrano che tanto tempo fa le Dolomiti erano un regno di monti scuri ricoperti da tenebre foreste. Il giovane principe di questo regno amava andare a caccia in queste foreste, dove un giorno incontro una fanciulla di straordinaria bellezza e la pelle bianca come la neve. Fu amore a prima vista e poco dopo fu celebrato il matrimonio. Ma la ragazza ben presto fu colta da una grande tristezza e si ammalo. Il principe chiese alla sua sposa cosa fosse il motivo del suo dolore, e lei rivelò che era la figlia della luna e che quei monti scuri al di fuori del castello la deprimevano. Il principe propose che entrambi ritornassero sulla luna, ma questo era impossibile, dato che nessun terrestre potrebbe sopportare il bianco candido del paesaggio lunare senza impazzire. 


Disperato il principe ritorno nella foresta. Ben presto perse il sentiero, quando all'improvviso senti un lamento. Su una pianura vide un ometto con una lunga barba bianca. "Chi sei é perché sei tanto infelice" chiese il principe? "Io sono il re dei nani, e mi dispero per il destino del mio popolo, che é stato scacciato dalle sue terre e nessuno ci vuole accogliere, poiché queste terre sono già occupate." Il principe a sua volta racconto il suo triste destino e del suo amore impossibile. A un tratto il re dei nani esclamo "ascoltate, entrambi i nostri problemi possono essere risolti, prometteteci solo che le terre spoglie delle vostre montagne siano nostre." Il principe acconsentì, anche se incredulo.
In quella stessa notte i nani cominciarono a filare la luce candida della luna in un filo di puro argento e ad avvolgere le scure rocce con esso. Ben presto le ripidi pareti che sovrastavano le vallate luccicavano in un bianco sovrannaturale. Grande fu la gioia nel regno quando la principessa - vedendo la trasformazione del paesaggio - ritrovó la sua gioia di vivere. Da allora queste montagne furono conosciute come i Monti Pallidi.


La soluzione scientifica - ma non di meno fantastica - sarà trovata in un luogo insospettato e lontano dalle odierne  montagne.

Come l´antica dea della bellezza Venere anche le Dolomiti sono figlie dell´oceano.

Nel 1704 un certo Mr. Strachan pubblica una descrizione di una barriera corallina, basandosi su resoconti di marinai e altri naturalisti, in cui menziona la "crescita" delle rocce che la compongono. Tra il 1772 e il 1775 il naturalista di origine tedesca Georg Forster accompagna il capitano James Cook su una delle sue esplorazioni. Forster riconosce l´origine biologica della struttura corallina, costruita da coralli e alghe, e riporta che un atollo può raggiungere un incredibile spessore di 300 a 600 metri.
Quasi mezzo secolo più tardi un giovane naturalista inglese rivoluzionerà le conoscenze sulla geologia degli atolli. Charles Darwin comprende che gli organismi che costruiscono la barriere corallina necessitano la luce solare per  la loro fotosintesi (per lungo tempo i polipi verranno considerati delle piante, quando di fatto si tratta di una simbiosi di animali con alghe monocellulari). Lo spessore degli atolli può essere spiegato con il lento sprofondamento della base di origine vulcaniche, su cui si insediano i primi coralli e che colmano il spazio tra il fondale marino e la superficie del mare.

Il libro che Darwin pubblicherà nel 1842 sulla "The Structure and Distribution of Coral Reefs" influenzerà a sua volta il geologo austriaco Baron Ferdinand F. von Richthofen che nel 1860 studia la geologia delle Dolomiti. Richthofen riconosce che le vallate e le colline che circondano le vette dolomitiche si sono sviluppate nei sedimenti facilmente erodibili di antichi bacini marini. Gli ammassi dolomitici invece sono le antiche barriere coralline, che composte da dura e cementificata roccia dolomitica resistono alle intemperie e all´erosione.
 
Fig.4 "La barriera di Richthofen", resti di una barriera corallina triassica che progrediva nei bacini sedimentari - perlopiù marne e arenarie - della formazione di San Cassiano e La Valle, immagine ripresa da MOJSISOVICS 1879.

Bibliografia:

DARWIN, C. (1898): The Structure and Distribution of Coral Reefs. 3th edition, D. Appleton & Co., New York: 214
DOBBS, D. (2005) Reef Madness: Charles Darwin, Alexander Agassiz and the meaning of coral. Pantheon Books: New York
FISCHER, A.G. & GARRISON, R.E. (2009): The role of the Mediterranean region in the development of sedimentary geology: a historical overview. Sedimentology 56: 3-41

MOJSISOVIC, E.v. (1879): Die Dolomit-Riffe von Südtirol und Venetien: Beiträge zur Bildungsgeschichte der Alpen. Alfred Hölder, Vienna: 551

SCHLAGER, W. & KEIM, L. (2009): Carbonate platforms in the Dolomites area of the Southern Alps - historic perspectives on progress in sedimentology. Sedimentology 56: 191-204

20 gennaio 2013

Geologi VS Vermi della Morte

Il geologo può essere esposto a vari pericoli durante il suo lavoro - maltempo, caduta massi - ma forse una delle minacce più particolari e morte da verme della morte. 

Le prime menzioni nell'occidente di queste strane creature furono pubblicate nel 1922 nell'"Asia Magazine", in cui l´esploratore e paleontologo Roy Chapman Andrews racconta episodi della sua avventurosa spedizione nella Cina e Asia Centrale del 1919.

Andrews ripubblica i suoi resoconti nel 1926 nel libro "On the Trail of Ancient Man" e in una simile versione sei anni più tardi nell´opera "The New Conquest of Central Asia ":

"Durante la seduta con il primo ministro mi fu chiesto di catturare un esemplare dell´Allergorhai Horhai per il governo mongolo. Questo é probabilmente un animale mitico, ma forse con un'origine nei fatti, poiché ogni Mongolo del nord ci crede e presenterà perlopiù la stessa descrizione. È detto che sia lungo due piedi [60 centimetri], il corpo a forma di salsiccia, senza capo, né arti *; è talmente velenoso che anche solo toccarlo può significare morte certa. E riportato di vivere nelle zone più aride, nelle regioni sabbiose del Gobi occidentale. Quale rettile può stare alla base per la descrizione di questo mistero!
Non ho mai trovato un Mongolo che volesse ammettere di averlo visto di proprio, anche se una dozzina dice di conoscere degli uomini che l'hanno visto.
In più, quando ci siamo addentrati nella regione che è considerata l'habitat preferito della bestia, i Mongoli in quel punto ci hanno raccontato che potesse essere trovato in grande abbondanza alcune miglia da li. Se non ci fosse questa profonda e generale credenza nella sua esistenza, lo considerei solamente un mito. Lo riporto qui nella speranza che futuri esploratori del Gobi abbiano più successo nel scoprire l´ Allergorhai Horhai.
"

Allergorhai Horhai acquista notorietà dal 1991 in poi come *"verme intestino", grazie al lavoro dell'ingegnere e autore ceco Ivan Mackerle (1942-2013). Mackerle si interessa al "verme della morte" dopo averne appresa l´esistenza da un racconto fantastico del paleontologo e autore Ivan Yefremov (1908-1972), che nel 1944 pubblica il racconto "Olgoï-Khorkhoï" ("il verme mostruoso"). In questa storia un gruppo di geologi è terrorizzato dai vermi della morte - forse da qui scaturisce il rumore che tra le vittime preferite di questa creatura ci siano i geologi. Da parte loro i geologi avrebbero bruciati vivi alcune di queste bestie nel 1948.

L´organismo - se mai esiste - che si cela dietro al mito del verme della morte rimane spunto di speculazioni - lombrico gigante, serpente o anfisbene relitto - comunque sta di fatto che i poveri geologi continuano ad essere cacciati da vermi mostrosi, sia nel classico "Tremors" (1990) o il più recente (e propriamente sconosciuto)  "Monster Worms / Mongolian Death Worm" (2010).


Il Graboid, se lo conosci, lo eviti...
 
Bibliografia:

COLEMAN, L. & CLARK, J.  (1999): Cryptozoology A to Z  the Encyclopedia of Loch monsters, Sasquatch, Chupacabras, and Other Authentic mysteries of Nature.Fireside Publ. - New York: 270
EBERHART, G.M. (2002): Mysterious Creatures - A Guide to Cryptozoology. ABC-CLIO, Santa Barbara: 723

Risorse Online:

DUNNING, B. "Olgoi-Khorkhoi: The Mongolian Death Worm." Skeptoid Podcast. Skeptoid Media, Inc., 8 Jan 2013. Web. 20 Jan 2013

9 gennaio 2013

A.R. Wallace - Il naturalista dimenticato

"Più ci pensavo, più cresceva la mia convinzione che avevo finalmente trovato la legge naturale a lungo cercata, che risponde alla questione dell´origine delle specie."
Alfred Russel Wallace (1905)

Nel 1858 la piccola isola di Gilolo (oggi conosciuta come Halmahera), situata nell'arcipelago delle Molucche, era una delle regioni più remote sul globo terrestre. Una lettera consegnata il 9. Marzo 1858 nella stazione postale più vicina - sull'isola di Ternate, doveva prima essere spedita a Singapore. Da lì una nave mercantile della “British P & O Steamship Company”, che collega Hong Kong a Suez, la trasportava fino al continente africano. Dopo un proseguimento sulla terra fermo fino ad Alessandria d'Egitto, la lettera passava per il Mediterraneo fino a Parigi e Rotterdam, per arrivare a Londra.

Così, dopo tre mesi, la lettera è arrivata puntualmente la mattina presto all’indirizzo di Down House, nella cittadina di Bromley nel Kent, a 26 chilometri sud-est da Londra e a 12.000 chilometri nord-ovest della Nuova Guinea. Questa lettera conteneva un articolo di 20 pagine, con seguente titolo: “On the Tendency of Varieties to Depart Indefinitely from the Original Type” - che presentava i primi concetti che forse potevano spiegare la ricca biodiversità, la distribuzione geografica e la presenza di attuali e estinte specie imparentate tra di loro nell’Indonesia, basandosi su un primo abbozzo che l’autore della lettera aveva formulato già nel 1855. L'autore della lettera rivolta al gentiluomo naturalista C. Darwin era un certo Alfred Russel Wallace, un autodidatta in scienze naturali nato in una povera famiglia l´8. gennaio 1823 nella città gallese di Usk.

Fig.2. A.R. Wallace durante il suo viaggio di ritorno in Singapore nel 1862, da J. G. Wilson (2000): The forgotten Naturalist. In search of Alfred Russel Wallace.

Wallace aveva lavorato prima come geometra e poi come insegnante. Durante questi periodi sviluppo una passione per la botanica e le scienze naturali. Il desiderio di cimentarsi in queste discipline divenne cosi forte che ad un certo punto iniziò a organizzare una spedizione per il Sud America. Parti nel 1848, e solo nel 1852, dopo quattro anni dedicati alla raccolta di una varietà incredibile di specie animali e vegetali, decise di tornare in Inghilterra. La sua ricca collezione e gli appunti li avrebbero sicuramente fruttato molte pubblicazioni e il rispetto dei naturalisti inglesi. 

Ma poi la catastrofe, la nave sulla quale stava viaggiando, il mercantile “Helen”, si incendio e affondo nel Nord Atlantico. Wallace riuscì a salvare solo alcuni disegni. Quando finalmente arrivò in Inghilterra il primo ottobre 1852, egli aveva praticamente perso tutto - la sua collezione, il suo reddito (si guadagnava da vivere vendendo campioni raccolti ai musei e collezionisti) e la sua speranza di ottenere notorietà dalle prestigiose istituzioni scientifiche nella Gran Bretagna. Solo la somma pagata dall’assicurazione per la sua collezione lo salvò dalla rovina finanziaria. Ma senza i suoi campioni e appunti era in grado di pubblicare solo un riassunto sul suo viaggio, una narrazione di viaggi sul Rio delle Amazzoni e del Rio Negro - un libro poco considerato al suo tempo. In un primo momento giuro di non viaggiare più su di una nave, pero solo un anno dopo la vecchia passione era ricresciuta tanto forte che si imbarco su una nave diretta verso l’Indonesia, a quei tempi una delle regioni meno note ai naturalisti europei. Il 20. Aprile 1854 sbarco a Singapore. Rimane in Indonesia per 8 anni, viaggiando in questo tempo per oltre 22.000 chilometri.
Fig.3. Il tragitto di Wallace tra il 1854-1862 con aggiunto le linee biogeografiche secondo vari autori.

La sua raccolta dopo il ritorno in Inghilterra conterà più di 125.660 esemplari di animali, e avrà scoperto 1.500 nuove specie di insetti e uccelli. Questa seconda spedizione sarà pubblicato nel 1969 nel libro “The Malay Archipelago”, e stabilirà Wallace come fondatore
della disciplina scientifica della biogeografia. Ironia della sorte che è stata la sfortuna che gli ha dato la possibilità di una importante scoperta che influnzera il suo interesse per la biogeografia. Il 31. gennaio 1856, Wallace perde la nave che doveva portarlo verso Sulawesi. Per 4 mesi rimane ad aspettare in Singapore, fino a quando decide di fare una deviazione passando per le isole di Bali e Lombok. Su queste due isole nota qualcosa di importante: anche se le due isole sono separate solo da un tratto di mare ampio 30 chilometri, le specie di animali sulle due isole variano notevolmente.
Su un lato dominano tigri, rinoceronti e primati, sull’ altro lato invece canguri , koala e gli splendidi uccelli del paradiso. Egli descrive queste due distinte regioni di fauna nel suo saggio “On the Zoological Geography of the Malay Archipelago” (1859) e separa dal punto faunistico la regione occidentale dell’Indonesia da quella orientale. Nota che queste provincie faunistiche si distinguono molto di più l’una dall’altra nelle specie di uccelli e animali quadrupedi, che per esempio l'Inghilterra e il Giappone, che pur essendo isole separate da un´intero contnente hanno in comune almeno alcune specie eurasiatiche.
Fig.4. Le regioni faunistiche proposte per l´Indonesia da Wallace.

Anche se Wallace non può ancora conoscere la tettonica regionale dell’Indonesia, né l’amplitudine delle passate variazioni del livello del mare, deduce correttamente che i fatti osservati possono essere spiegati solo da grandi cambiamenti della superficie terrestre.
La spiegazione proposta da Wallace troverà conferma solo più tardi. 


Durante l'era glaciale grandi quantità di acqua erano intrappolate nelle calotte polari sotto forma di ghiaccio. Il livello del mare per questo durante l'espansione massima del ghiaccio era fino a 180m inferiore rispetto ad oggi. Questo abbassamento “scopriva” lo zoccolo continentale tra l’Indonesia orientale e il continente asiatico, e tra l’Indonesia occidentale e il continente australiano, creando la terra di Sunda, che collegava Borneo, Sumatra, Giava e Bali con l'Asia, e la terra di Sahul, che collegava la Nuova Guinea con l'Australia. Solo isole o zone circondate da profondo mare rimangono isolate, come per esempio le isole di Celebes, Timor e Flores. La barriera naturale formata da profondi tratti di mare viene chiamata nel 1868 dal naturalista Huxley “Linea di Wallace”, e la regione, che non viene mai raggiunta da grandi quadrupedi sia dall’Asia o dall’Australia, viene definita oggigiorno come "Wallacea".
Ma ritornando un momento indietro nella piccola cittadina di Bromley - Darwin da parte sua si mette dal 20. luglio in poi al lavoro per scrivere, come lo vede lui, un breve riassunto della sua teoria sulla selezione naturale, che viene pubblicata il 24. novembre 1859 sotto il titolo "On the origin of species by means of natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life".
È curioso notare che che uno dei meccanismi principali della sua teoria, la divergenza dei caratteri tra diversi organismi, é stata inserita nei suoi scritti proprio tra maggio e giugno 1858. Darwin ha copiato in parte da Wallace? Una teoria controversa tra gli studiosi e biografi di Darwin, ma senza ragionevole dubbio Darwin aveva abbastanza dati da se per dedurre il meccanismo dell´evoluzione - solo che forse li serviva l´ultima spinta per finalmente pubblicare la teoria in formato cartaceo.
Inoltre Darwin era in una posizione privilegiata in confronto a Wallace, Darwin era un gentiluomo della classe superiore britannica, aveva amici influenti, molto probabilmente Wallace da solo non avrebbe potuto promuovere la nuova teoria contro i preconcetti della scienza e società di quei tempi.
Questo non toglie che Wallace - spesso dimenticato ai tempi nostri - insieme a Darwin deve essere considerato uno dei pionieri dell’evoluzione, un principio fondamentale per capire veramente il pianeta terra.


BIBLIOGRAFIA:

Fig.1. e Fig.4 prese da WALLACE, A.R. (1876): Distribution of animals. Vol.1. Harper & Brothers Publishers. New York