24 febbraio 2012

Nell´antro della Terra

"Chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro. E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te."
Friedrich Nietzsche, "Al di là del bene e del male" (1886)




La grotta di Krubera, conosciuta anche sotto il nome di grotta di Voronja, si sviluppa in una formazione calcarea, nella parte occidentale della catena montuosa del Caucaso. Anche se tuttora non esplorata completamente è considerata la grotta che raggiunge la massima profondità conosciuta - con 2.191 metri sotto il livello della superficie terrestre.
Già nell'estate 2010 i ricercatori hanno scoperto quattro specie di collemboli in questa grotta, ma la descrizione delle singole specie é stata pubblicata solo di recente. Tutte le specie descritte - tra cui Anurida stereoodorata, Deuteraphorura kruberaensis, Schaefferia profundissima - mostrano adattamenti all´ambiente estremo e tipiche caratteristiche di organismi cavernicoli. Non possiedono occhi (per dire la veritá questa é una caratteristica molto diffusa tra specie di collemboli) ma in compenso uno sviluppato senso chimico per localizzare cibo e orientarsi nel buio (specifico per queste specie). La quarta nuova specie - Plutomurus ortobalaganensis - é stata trovata a meno di 1.980 metri, facendone l´artropode che vive alla massima profondità conosciuta. Il record per un organismo multicellulare al momento appartiene alla specie di nematode Halicephalobus mephisto
("colui che teme la luce") , che è stata descritta nel 2011 nella falda acquifera di diversi pozzi del Sudafrica, e che raggiunge una profondità di 3.000 metri.

Fig.1. Un "mostro" venuto dall´abisso...Anurida stereoodorata

 Fig.2. Plutomurus ortobalaganensi

Che caverne possono essere ospitare creature fantastiche era conosciuto ben prima del 1689, quando il barone e storico/geografo Johan Weichard Valvasor (1641-1693) descrive un "piccolo di drago" rinvenuto in una sorgente della Carnolia. Per millenni diverse grotte erano state considerate luoghi maledetti e temuti come tane di draghi. Il piccolo di drago si rivelerà nel 1768 come particolare anfibio e descritto dal medico-naturalista austriaco Joseph Nicolaus Laurenti (1735-1805) come Proteus anguinus. La prima descrizione scientifica di un animale collezionato effettivamente all´interno di una grotta è pubblicata nel 1831 dall´entomologo Ferdinand Joseph Schmidt (1791-1878), che descrive il coleottero troglobio Leptodirus hochenwartii, raccolto durante l´esplorazione della grotta di Postumia (Slovenia). L´anno in cui Schmidt pubblica la descrizione di questa (e poi successive) specie è considerato l´anno di nascita della disciplina scientifica detta Biospeleologia. Nei primi decenni del 20° secolo vengono descritte moltissimi specie fin allora sconosciute, una fase interrotta dallo scoppio delle due guerre mondiali. Negli ultimi decenni la biospeleologia ha cercato di rispondere a tre fondamentali quesiti: quanti sono gli organismi che vivono in questi ambienti (tassonomia), come si distribuiscono (ecologia e biografia) e come si sono adattati a questi ambienti (evoluzione).

È curioso notare che nel film "The Cave" (2005) un importante ruolo gioca un gigantesco sistema di grotte in una zona carsica non specificata della Romania (i cui monti appartengono al sistema dei Carpazi). Delle caverne inesplorate si rivelano un mondo perduto, (quasi) completamente isolato dall´esterno - in questo ambiente di buio, acqua e ghiaccio l´evoluzione ha creato un ecosistema completamente autarchico, con tanto di mostruosi draghi… 
A parte l´immaginazione degli autori del film, grotte e caverne sono veramente degli ambienti in cui ci possiamo ancora aspettare delle scoperte fantastiche…

Bibliografia:

BORGONIE, G.; GARCIA_MOYANO, A.; LITTHAUER, D.; BERT, W.; BESTER, A.; VAN HEERDEN, E.; MÖLLER, C.; ERASMUS, M. & ONSTOTT, T.C. (2011): Nematoda from the terrestrial deep subsurface of South Africa. Nature 474: 79-82
COSENTINO,A. (ed.) (2008): Grotte e fenomeno carsico. Quaderni Habitat. Ministro dell´ambiente e della tutela del territorio/ museo friulano di storia naturale, Udine: 159
JORDANA, R.; BAQUERO, E.; REBOLEIRA, S. & SENDRA, A. (2012): Reviews of the genera Schaefferia Absolon, 1900, Deuteraphorura Absolon, 1901, Plutomurus Yosii, 1956 and the Anurida Laboulbène, 1865 species group without eyes, with the description of four new species of cave springtails (Collembola) from Krubera-Voronya cave, Arabika Massif, Abkhazia. Terrestrial Arthropod Reviews Vol.5(1):35-85

16 febbraio 2012

Tafonomia e Geologia di Nemegtomaia

Oviraptor. Innocente! di Fabio Pastori
Secondo leggenda fu il caso ad aiutare i ricercatori nel 1923. La spedizione del naturalista americano Roy Chapman Andrews si era persa in un labirinto di gole scavate dall´erosione nel deserto dell´Asia Centrale, quando decisero di chiedere informazioni a una remota base militare nel bel mezzo del niente. Il fotografo della spedizione, John B. Shackelford, abbastanza annoiato a questo punto, si fermo a osservare il panorama ai bordi di una parete di roccia quando si accorse di frammenti di ossa emerge dal sedimento. Dopo brevi scavi emersero intere ossa di dinosauro e di piccoli mammiferi e più sorprendente delle gigantesche uova. Uova di dinosauro erano fossili molto rari a quei tempi, ma grazie a questa scoperta Andrews sarà in grado di descrivere perfino interi nidi. 
Le uova furono attribuite al dinosauro erbivoro Protoceratops (di cui abbondavano i fossili), mentre a un dinosauro teropode con strano becco (usato probabilmente come uno schiaccianoci) fu attribuito il ruolo di sciacallo, che rubava le gustose uova dai nidi e propriamente fu nominato Oviraptor - ladro di uova. Solo nel 1993 la scoperta di un individuo di dinosauro oviraptoride accovacciato sulle uova rivela che si trattava di uno scambio d'identità: Le uova e i nidi ritrovati nel deserto appartenevano a questa specie! 
Varie specie sono state descritte negli ultimi anni in questo gruppo e molti altri fossili hanno avvalorato l´ipotesi che questi dinosauri praticavano una cura del nido, proteggendo le uova deposte in un particolare modo a spirale o cerchio. 

Una ricerca recente (ma altretanta fortunata dal punto dei fossili recuperati) liberamente scaricabile e curata da ricercatori e artisti italiani (FANTI et al. 2012 con tanto di disegni da parte di Marco Auditore) ha pubblicato non solo una nuova specie del genere Nemegtomaia (la buona madre di Nemegt), ma anche interessanti aspetti della tafonomia e geologia dell´area della Mongolia come doveva apparire nel tardo Cretacico.
Entrambi gli esemplari fossili studiati sono stati scoperti nella formazione di Baruungoyot, depositi eolici attribuiti a un ambiente desertico, che si intercala con la formazione di Nemegt, depositi di una piana alluvionale. I resti finora conosciuti di dinosauro oviraptoride sono stati sempre scoperti in sedimenti connessi a un ambiente secco - per questo la classica ricostruzione di questi dinosauri accovacciati su una duna desertica e sorpresi da una tempesta di sabbia, che li uccide all´istante e li seppellisce in un pezzo per mezza eternità. La scoperta dei due esemplari in vicinanze stratigrafiche con depositi di un ambiente almeno temporaneamente umido fa pensare che il loro habitat era un po' più diverso e ricco ecologicamente di quello finora immaginato. 
Inoltre su uno degli esemplari, quello meglio conservato e disposto sul suo nido, sono stati scoperti segni di diverse "ondate" di animali spazzini. Secondo la ricostruzione della storia postmortem  la carcassa fu schiacciata lateralmente dai sedimenti che la ricoprivano in parte. Il dorso esposto attira degli animali spazzini, che asportarono parti della colonna vertebrale e la parte inferiore del corpo. Il cadavere si mummifica in un ambiente secco ed è colonizzato da insetti saprofagi. Alla fine quello che resta è seppellito completamente, fino alla sua scoperta 65 milioni di anni più tardi.

Bibliografia:

AUDITORE, M.; BIAVA, A.; BRUSCHI, A.; MASSAJOLI, M.; PASTORI, F. & VALENZA, E. (2004): Oviraptor. Innocente! Dinosauri - Fossili - Minerali - Preistoria N.5 Luglio-Agosto: 6-15
FANTI, F.; CURRIE, P.J. & BADAMGARAV, D. (2012): New Specimens of Nemegtomaia from the Baruungoyot and Nemegt Formations (Late Cretaceous) of Mongolia. PLoS ONE 7(2): e31330

14 febbraio 2012

Darwin, fossili e trasmutazioni

"I had no idea at the time, to what kind of animal these remains belonged"
C. Darwin 1839

Durante i primi anni del suo viaggio a bordo della "HMS Beagle", il giovane naturalista autodidatta Charles Darwin raccoglierà un considerevole numero di mammiferi fossili da diverse località nell´Argentina e nell´Uruguay. Darwin nota che il suo primo fossile lo trova a Punta Alta il 23 settembre 1832 e l´ultimo nel 1834 a Puerto San Julián. Tutti i fossili raccolti sono inviati verso l'Inghilterra all´amico e botanico/geologo John Stevens Henslow - che lì deposita nel Royal College of Surgeons a Londra, dove saranno studiati e classificati dal celebre paleontologo Richard Owen tra il 1837 e il 1845.



Sulla base del materiale fossile Owen descrive una ricca varietà di mammiferi del Pleistocene americano, tra cui Equus curvidens, Glossotherium sp., Macrauchenia patachonica, Mylodon darwini, Scelidotherium leptocephalum e lo strano Toxodon platensis.
Purtroppo nell'aprile 1941 la collezione paleontologica del Royal College viene seriamente danneggiata dai bombardamenti tedeschi, quasi il 95% della raccolta viene distrutto. Dal 1946 il restante materiale è stato trasferito al Museo di Storia Naturale di Londra, dove è tuttora ospitato.

Fossili erano conosciuti in America meridionale fin da prima dei conquistadores spagnoli, ma erano stati interpretati come i resti di creature mitologiche o giganti, annientati in tempi remoti dalle prime divinità. Nel 1774 il gesuita inglese Thomas Falkner scrive: "Sulle rive del fiume Carcarania…si trovano un gran numero di ossa, di una grandezza straordinaria, che sembrano umane."

Solo trentadue anni dopo il naturalista francese George Cuvier pubblica il primo lavoro scientifico su questi fossili e descrive la nuova specie Megatherium americanum - il bradipo gigante. Nel 1806 Cuvier descrive in maniera preliminare tre individui di proboscidati americani, che attribuisce tutti al genere Mastodon.

Nel 1838 Owen scrive nel paragrafo di apertura del suo lavoro sui mammiferi fossili raccolti da Darwin: 

"Ci si aspetta che la descrizione di resti ossiferi di mammiferi estinti, che si collocano tra i risultati più interessanti della ricerca svolta in Sud America dal signor Darwin, dovrebbe essere preceduta da un riassunto dei mammiferi fossili precedentemente scoperti su quel continente. I risultati di tale retrospettiva sono tuttavia da riassumere in una breve dichiarazione; i relitti dall'America meridionale di mammiferi estinti sinora descritti, per quanto ne sono a conoscenza, sono limitati a tre specie di Mastodon e il gigantesco Megatherium."

Il giovane Darwin alle prime armi con la determinazione dei fossili si è più volte sbagliato, ha attribuito osteodermi trovati (considerato da Owen parti dell´armatura del gigante "armadillo" Glyptodon) a Megatherium, seguendo una ricostruzione di Cuvier che ipotizzava un bradipo corazzato. I molari di Toxodon (un marsupiale) sono stati interpretati da Darwin come resti di un roditore gigante, ma anche Owen dopo aver notato questo sbaglio ammette che i denti mostrano veramente una certa somiglianza a quelli di roditori.

Owen da parte sua sbaglia la sistematica generale di questi mammiferi fossili, attribuendo e implicando una parentela vicina con alcuni generi e gruppi di animali esistenti tuttora. Influenzato dalla proposta di Owen, Darwin riassume che "Il risultato più importante di queste scoperte è la conferma della legge che gli animali esistenti hanno una stretta relazione con le specie estinte" (1839). Quest'osservazione rafforza l´idea che stava scaturendo nella mente del giovane Darwin:

"WHEN on board H.M.S. 'Beagle,' as naturalist, I was much struck with certain facts in the distribution of the inhabitants of South America, and in the geological relations of the present to the past inhabitants of that continent. These facts seemed to me to throw some light on the origin of species-that mystery of mysteries, as it has been called by one of our greatest philosophers."

A meta del 19. secolo era chiaro che specie si potevano estinguere, ma rimase il problema di come queste estinzioni avvengono e come dopo uno di questi eventi la terra poteva essere ripopolata. Anche Darwin durante il suo viaggio, ancora prima della formulazione della sua teoria di trasmutazione, si chiedeva se delle specie possono morire e in che modo rinascono (escludendo una creazione divina), un'idea che era stata anche ipotizzata dal geologo italiano Giovanni Battista Brocchi nel 1814 (dimostrando ancora una volta il profondo cambio di pensiero in quei decenni).
Osservando i fossili simili all'odierno Mara (Dolichotis patagonum), un roditore sudamericano che assomiglia a un piccolo cervo, Darwin pensava che specie fossili venivano rimpiazzate nel tempo da forme odierne, ma simili a quelle fossili.  Un altro esempio era l´odierno tucutucu o tuco-tuco, piccolo roditore del genere Ctenomys, di cui Owen determino nel material fossile alcune specie molto simili.

Fig.1. Il fossile che Darwin attribuisce a un piccolo mammifero roditore, dalla formazione di Monte Hermoso nell´Argentina (Pliocene inferiore), da DARWIN 1840, Fossil Mammalia Pl. XXXII.

Anche se Darwin aveva già notato un susseguirsi di specie imparentate tra di loro, queste forme rimanevano entità concrete nello spazio e nel tempo. Sul Warra, la volpe endemica e oggigiorno estinta che Darwin poté ancora osservare sulle Isole Falkland, scrive nel 1834 "…indisputable proof of its individuality as a species…"

Continua...

Bibliografia:

DARWIN, C. R. (1859): On the origin of species by means of natural selection, or the preservation of favoured races in the struggle for life. London: John Murray. [1st edition]
DARWIN, C. R. ed. (1840): Fossil Mammalia Part 1 No. 4 of The zoology of the voyage of H.M.S. Beagle. By Richard Owen. Edited and superintended by Charles Darwin. London: Smith Elder and Co.
ELDREDGE, N. (2009): A Question of Individuality: Charles Darwin, George Gaylord Simpson and Transitional Fossils. Evo. Edu. Outreach 2(1): 150-155
ELDREDGE, N. (2008): Experimenting with Transmutation: Darwin, the Beagle, and Evolution. Evo. Edu. Outreach 2(1): 35-54
FERNICOLA; VIZCAINO & DE IULIIS (2009): The fossil mammals collected by Charles Darwin in South America during his travels on board the HMS Beagle. Revista de la Asociacon Geologica Argentina. 64(1): 147-159
QUATTROCCHIO, M.E.; DESCHAMPS, C.M.; ZAVALA, C.A.; GRILL, S.C. & BORROMEI, A.M. (2009): Geology of the area of Bahia Blanca, Darwin´s view and the present knowledge: a storay of 10 million years. Revista de la Asociacion Geologica Argentina 64(1): 137-146