"…Schlockthropus or Schlock, considered by us scientists as the missing link, I believe it's the greatest scientific discovery of the last eight weeks."
Professor Shlibovitz, in "Schlock" (1973)
Una mattina fredda pochi giorni prima della festa di ringraziamento americana del 1969 un gruppo di residenti della cittadina di Colville (Washington, U.S.A.) si era recata alla discarica di Bossburg nei pressi del confine con il Canada.
Strane storie circolavano di questo luogo, l’anno prima una donna aveva affermato di avere visto una strana creatura e di tanto in tanto si avevano rinvenuto enormi impronte di piedi nudi, ma lunghi 43cm.
E davvero quella mattina il gruppo di visitatori scopri nella neve delle nuove tracce, e ulteriori ricerche da parte di naturalisti amatoriali nei prossimi giorni rilevarono più di 1.000 impronte. Alcune di queste impronte, un piede sinistro, mostravano una peculiare deformazione, a tal punto che la traccia divenne nota sotto la denominazione di “Cripplefoot” - o piede zoppo.
Cosa fa di questo tipico avvistamento di “bigfoot” - un presunto primate mezzo uomo e mezzo scimmia, alto fino a 2 metri e con un peso stimato di mezza tonnelata - un caso notevole, e proprio le peculiarità anatomiche di queste tracce. L’antropologo americano Grover Sanders Krantz (1931-2002) alcune settimane dopo la faccenda esamino alcuni calchi prelevati dalle impronte. Autorità nel suo campo, i dati anatomici della deformazione convinsero Krantz che non si poteva trattare di un’impronta artificiale, o in alternativa il truffatore possedeva conoscenze anatomiche straordinarie.
Sulle tracce di Krantz ben presto segui il suo collega Jeffrey Meldrum.
L’antropologo Meldum della Idaho State University si è specializzato sulla dinamica e locomozione dei primati. Allo stesso tempo si dedica alla ricerca con rigore scientifico delle tracce attribuite a bigfoot, una passione che li ha procurato una fama controversa. Meldrum afferma anche di avere avuto un contatto indiretto con il presunto criptide. Durante una escursione al lago canadese di Snelgrova la capanna in cui i ricercatori dormivano fu colpita da alcune pietre lanciate da una misteriosa creatura.
Ma la strana storia del bigfoot o abominevoli uomo delle nevi comincia con altre tracce e alcuni anni prima. Nel 1951 l’alpinista (e burlone) Eric Shipton fotografo un’impronta che suscito grande interesse nei media e tra il pubblico generale. In un articolo sulla rivista Nature, Wladimir Tschernezky, professore di zoologia al Queen Mary College in Londra, pubblico un breve articolo sulla pista del presunto Yeti, concludendo che l’abominevole cammina come un´umano e fosse simile nella sua anatomia al primate fossile Gigantopithecus. L´ipotesi si basa in parte su una errata ricostruzione di questo enigmatico primate del Pleistocene asiatico, di cui esistono solo pochi resti fossili. Il paleontologo Franz Weidenreich (1873-1948), che aveva studiato alcuni di questi resti, considerava l´evoluzione dell´uomo una linea diretta, da antenati piú scimmieschi alla specie moderna di Homo sapiens. Gigantopithecus, per lui, era una forma intermedia, perciò bipede, ma con corporatura massiva e densa pelliccia (le ricostruzioni moderne vedono Giganto come specie affine al moderno orango).
Fig.1. La copertina della rivista ARGOSY del febbraio 1968, in cui viene presentato al pubblico delle immagini di bigfoot tratte dal controverso film di Roger Patterson and Robert Gimlin, girato nel ottobre del 1967. Krantz al primo momento rimase deluso , a parere suo “assomigliava a un uomo vestito da gorilla”.
L´ipotesi che i presunti avvistamenti di bigfoot si basavano su gigantesche specie di scimmie antropomorfe, scampate miracolosamente all´estinzione di fine Pleistocene, fu promossa dal giornalista John W. Green (1927-) nei suoi libri su bigfoot e anche Krantz ne fu un sostenitore.
Ma Renè Dahinden (1930-2001), un ricercatore di bigfoot amatoriale, mosse molti dubbi sulla veracità delle impronte di Boosburg, dato che nessuno aveva osservato una creature durante il periodo di scoperta di centinaia di orme fresche, inoltre le prime segnalazioni del sito erano arrivate da Ivan Marx, un dilettante reduce di alcune escursioni senza successo sulle orme di bigfoot, e che un anno dopo la faccenda di Boosburg produsse e promosse un filmato palesemente falso della presunta creatura.
Questa breve deviazione nel campo criptozoologico mostra che tutt'oggi l´uomo-scimmia é una immagine potente e popolare e non sorprende che predata il nostro secolo di centinaia di anni.
Le prime descrizioni anatomiche di primati apparsero nella seconda meta del 17° secolo, con il lavoro dei medici Nicholas Tulp (1641) e Edward Tyson (1699). Per mancanza di osservazioni in natura, i scimpanzé – classificati al tempo come „Homo Sylvestris“ - studiati furono raffigurati in modo eretto, avvicinandoli all´uomo e facendoli apparire come una sorta di anello mancante tra l´animale quadrupede e l´uomo bipede.
Nel 1863 il geologo Charles Lyell pubblico il suo rivoluzionario "Geological Evidences of the Antiquity of Man" in cui argomentava una origine della stirpe umana in tempi geologici remoti, introducendo anche il concetto di "scala naturae" nel pensiero evoluzionistico moderno ( la scala naturae predata di molto la scienza vittoriana, ma su base filosofica, mentre nel 19° secolo si cerco di darle veracità tramite la scienza moderna). Anche dopo Darwin e la pubblicazione di "Descent of Man" (1871), l´idea dell´uomo scimmia non perse popolarità, anzi, sembrava essere avvalorata dalle ultime scoperte in campo paleontologico. L´uomo di Neanderthal, scoperto nel 1856, fu ricostruito difatti come un bruto, coperto da una densa pelliccia e con tratti scimmieschi - un missing link tra bestia e studioso vittoriano.
Professor Shlibovitz, in "Schlock" (1973)
Una mattina fredda pochi giorni prima della festa di ringraziamento americana del 1969 un gruppo di residenti della cittadina di Colville (Washington, U.S.A.) si era recata alla discarica di Bossburg nei pressi del confine con il Canada.
Strane storie circolavano di questo luogo, l’anno prima una donna aveva affermato di avere visto una strana creatura e di tanto in tanto si avevano rinvenuto enormi impronte di piedi nudi, ma lunghi 43cm.
E davvero quella mattina il gruppo di visitatori scopri nella neve delle nuove tracce, e ulteriori ricerche da parte di naturalisti amatoriali nei prossimi giorni rilevarono più di 1.000 impronte. Alcune di queste impronte, un piede sinistro, mostravano una peculiare deformazione, a tal punto che la traccia divenne nota sotto la denominazione di “Cripplefoot” - o piede zoppo.
Cosa fa di questo tipico avvistamento di “bigfoot” - un presunto primate mezzo uomo e mezzo scimmia, alto fino a 2 metri e con un peso stimato di mezza tonnelata - un caso notevole, e proprio le peculiarità anatomiche di queste tracce. L’antropologo americano Grover Sanders Krantz (1931-2002) alcune settimane dopo la faccenda esamino alcuni calchi prelevati dalle impronte. Autorità nel suo campo, i dati anatomici della deformazione convinsero Krantz che non si poteva trattare di un’impronta artificiale, o in alternativa il truffatore possedeva conoscenze anatomiche straordinarie.
Sulle tracce di Krantz ben presto segui il suo collega Jeffrey Meldrum.
L’antropologo Meldum della Idaho State University si è specializzato sulla dinamica e locomozione dei primati. Allo stesso tempo si dedica alla ricerca con rigore scientifico delle tracce attribuite a bigfoot, una passione che li ha procurato una fama controversa. Meldrum afferma anche di avere avuto un contatto indiretto con il presunto criptide. Durante una escursione al lago canadese di Snelgrova la capanna in cui i ricercatori dormivano fu colpita da alcune pietre lanciate da una misteriosa creatura.
Ma la strana storia del bigfoot o abominevoli uomo delle nevi comincia con altre tracce e alcuni anni prima. Nel 1951 l’alpinista (e burlone) Eric Shipton fotografo un’impronta che suscito grande interesse nei media e tra il pubblico generale. In un articolo sulla rivista Nature, Wladimir Tschernezky, professore di zoologia al Queen Mary College in Londra, pubblico un breve articolo sulla pista del presunto Yeti, concludendo che l’abominevole cammina come un´umano e fosse simile nella sua anatomia al primate fossile Gigantopithecus. L´ipotesi si basa in parte su una errata ricostruzione di questo enigmatico primate del Pleistocene asiatico, di cui esistono solo pochi resti fossili. Il paleontologo Franz Weidenreich (1873-1948), che aveva studiato alcuni di questi resti, considerava l´evoluzione dell´uomo una linea diretta, da antenati piú scimmieschi alla specie moderna di Homo sapiens. Gigantopithecus, per lui, era una forma intermedia, perciò bipede, ma con corporatura massiva e densa pelliccia (le ricostruzioni moderne vedono Giganto come specie affine al moderno orango).
Fig.1. La copertina della rivista ARGOSY del febbraio 1968, in cui viene presentato al pubblico delle immagini di bigfoot tratte dal controverso film di Roger Patterson and Robert Gimlin, girato nel ottobre del 1967. Krantz al primo momento rimase deluso , a parere suo “assomigliava a un uomo vestito da gorilla”.
L´ipotesi che i presunti avvistamenti di bigfoot si basavano su gigantesche specie di scimmie antropomorfe, scampate miracolosamente all´estinzione di fine Pleistocene, fu promossa dal giornalista John W. Green (1927-) nei suoi libri su bigfoot e anche Krantz ne fu un sostenitore.
Ma Renè Dahinden (1930-2001), un ricercatore di bigfoot amatoriale, mosse molti dubbi sulla veracità delle impronte di Boosburg, dato che nessuno aveva osservato una creature durante il periodo di scoperta di centinaia di orme fresche, inoltre le prime segnalazioni del sito erano arrivate da Ivan Marx, un dilettante reduce di alcune escursioni senza successo sulle orme di bigfoot, e che un anno dopo la faccenda di Boosburg produsse e promosse un filmato palesemente falso della presunta creatura.
Questa breve deviazione nel campo criptozoologico mostra che tutt'oggi l´uomo-scimmia é una immagine potente e popolare e non sorprende che predata il nostro secolo di centinaia di anni.
Le prime descrizioni anatomiche di primati apparsero nella seconda meta del 17° secolo, con il lavoro dei medici Nicholas Tulp (1641) e Edward Tyson (1699). Per mancanza di osservazioni in natura, i scimpanzé – classificati al tempo come „Homo Sylvestris“ - studiati furono raffigurati in modo eretto, avvicinandoli all´uomo e facendoli apparire come una sorta di anello mancante tra l´animale quadrupede e l´uomo bipede.
Nel 1863 il geologo Charles Lyell pubblico il suo rivoluzionario "Geological Evidences of the Antiquity of Man" in cui argomentava una origine della stirpe umana in tempi geologici remoti, introducendo anche il concetto di "scala naturae" nel pensiero evoluzionistico moderno ( la scala naturae predata di molto la scienza vittoriana, ma su base filosofica, mentre nel 19° secolo si cerco di darle veracità tramite la scienza moderna). Anche dopo Darwin e la pubblicazione di "Descent of Man" (1871), l´idea dell´uomo scimmia non perse popolarità, anzi, sembrava essere avvalorata dalle ultime scoperte in campo paleontologico. L´uomo di Neanderthal, scoperto nel 1856, fu ricostruito difatti come un bruto, coperto da una densa pelliccia e con tratti scimmieschi - un missing link tra bestia e studioso vittoriano.
Fig.2. L´uomo di La Chapelle-aux-Saints (Homo neanderthalensis), una dettagliata ricostruzione dell´cavernicolo scoperto nel dipartimento di Correze. Ricostruzione di Frantisek Kupka, pubblicata nel “L´Illustration" (1909). Questa raffigurazione influenzerà per decenni la nostra immagine collettiva dell´uomo preistorico.
È curioso notare che presunti avvistamenti di bigfoot in passato parlavano di uomini selvatici, ciò almeno con una base culturale, anche se primitiva. Dopo l´avvento della teoria dell´evoluzione, che spiegava l´evoluzione umana come un fatto biologico e non necessariamente culturale, improvvisamente appaiono le classiche descrizioni di bigfoot, come una scimmia di notevole dimensioni, più bestia che uomo…
L´antropologo John Napier (1917-1987), prima sostenitore di bigfoot, poi convinto scettico, riassume la questione:
“Postulando che un mostro sia una forma relitta – scampata al passato – gli entusiasti di mostri si liberano dalla necessità di spiegare come una creatura talmente inverosimile si sia evoluto nell´ambito della moderna ecologia.”
Bibliografia:
DELISLE, R.G. (2012): Welcome to the Twilight Zone: a forgotten early phase of human evolutionary studies. Endaevour Vol.36 (2): 55- 64
KJAERGAARD, P.C. (2011): 'Hurrah for the missing link!': a history of apes, ancestors and a crucial piece of evidence. Notes Rec. R. Soc. 65: 83-98
LOZIER, J.D.; ANIELLO, P. & HICKERSON, M.J. (2009): Predicting the distribution of Sasquatch in western North America: anything goes with ecological niche modelling. Journal of Biogeography: 1- 5
MELDRUM, J. (2007): Sasquatch: Legend Meets Science. Forge-Publishing: 297
REGAL, B. (2008): Amateur versus professional: the search for Bigfoot. Endaevour Vol.32 (2): 1- 5
REGAL, B. (2009): Entering dubious realms: Grover Krantz, science, and Sasquatch. Ann. Sci. Vol.66(1): 83-102
REGAL, B. (2011): Searching for Sasquatch – Crackpots, Eggheads, and Cryptozoology. Palgrave Macmillian Publisher: 249
È curioso notare che presunti avvistamenti di bigfoot in passato parlavano di uomini selvatici, ciò almeno con una base culturale, anche se primitiva. Dopo l´avvento della teoria dell´evoluzione, che spiegava l´evoluzione umana come un fatto biologico e non necessariamente culturale, improvvisamente appaiono le classiche descrizioni di bigfoot, come una scimmia di notevole dimensioni, più bestia che uomo…
L´antropologo John Napier (1917-1987), prima sostenitore di bigfoot, poi convinto scettico, riassume la questione:
“Postulando che un mostro sia una forma relitta – scampata al passato – gli entusiasti di mostri si liberano dalla necessità di spiegare come una creatura talmente inverosimile si sia evoluto nell´ambito della moderna ecologia.”
Bibliografia:
DELISLE, R.G. (2012): Welcome to the Twilight Zone: a forgotten early phase of human evolutionary studies. Endaevour Vol.36 (2): 55- 64
KJAERGAARD, P.C. (2011): 'Hurrah for the missing link!': a history of apes, ancestors and a crucial piece of evidence. Notes Rec. R. Soc. 65: 83-98
LOZIER, J.D.; ANIELLO, P. & HICKERSON, M.J. (2009): Predicting the distribution of Sasquatch in western North America: anything goes with ecological niche modelling. Journal of Biogeography: 1- 5
MELDRUM, J. (2007): Sasquatch: Legend Meets Science. Forge-Publishing: 297
REGAL, B. (2008): Amateur versus professional: the search for Bigfoot. Endaevour Vol.32 (2): 1- 5
REGAL, B. (2009): Entering dubious realms: Grover Krantz, science, and Sasquatch. Ann. Sci. Vol.66(1): 83-102
REGAL, B. (2011): Searching for Sasquatch – Crackpots, Eggheads, and Cryptozoology. Palgrave Macmillian Publisher: 249
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